LA CASA N° 20 - 21 - casa dei Mendini sopra la via - Casa al di la del ri
(Oggi Via del Borgo
n. 1, 3, 5 e Via Strada Romana n. 12) P.E. 32, 33
Di quest'antica
casa si hanno le prime notizie nella prima metà del
Trecento quando era proprietà di Castel Valer.
La cosa interessante è che
intorno al 1340 i
dinasti del castello,
la diedero in locazione perpetuale a Nascimbene
capostipite dei Mendini,
la cui famiglia ne rimase in possesso a seguito di successivi rinnovi di
investitura per quasi cinque secoli!
[1]
Sicuramente ai
primordi si trattava solo di una casupola riconoscibile nella parte più a
sud, la cui prima descrizione del 1381 si limita alla classica formula, ossia "una casa di muri murata e di legname costruita".
Già dalla prima investitura appare la dislocazione molto precisa della casa,
esplicitata dall'elencazione dei confini, ovvero
a ovest la strada, a sud e a est Varimberto Thun e a nord una certa donna
Francesca, la quale evidentemente possedeva il sedime ancora sgombro da
costruzioni. Infatti se a nord il confine fosse stato la
strada, avrebbe voluto dire che già a quei tempi la casa occupava le attuali
dimensioni di superficie, il che non era vero. Da
un'altra investitura del 1534 apprendiamo che la casa possedeva un avvolto e una
stalla.
Nella futura casa n. 20-21 abitò quindi sicuramente la persona di volta in volta investita del maso con la
relativa famiglia. I
nominativi che ci sono pervenuti dai documenti di Castel Valer sono i seguenti: Nascimbene (1350 ca.), Odorico (1381),
Gregorio (1427), Giovanni fu Antonio (1534, 1554 e 1561),
Antonio
fu Giovanni
(1581, 1600, 1625), Antonio V fu Antonio
(1641). Dopo la morte di Raimondino III avvenuta prima del 1513, quindi,
l'investitura seguì i discendenti del primogenito Antonio I, per cui le altre
linee generate dai suoi fratelli Nicolò, Giovanni e Tommaso
abitarono altrove, qualcuno sicuramente nella
casa vecchia dei Mendini, sotto la strada. Nel 1646 la casa,
designata come casa delli Mendini sopra la via,
già si ritrova conformata nelle due unità abitative
accertabili in epoca moderna, ovvero contraddistinte nella n. 20 a nord e n. 21
a sud. Nel 1646
Antonio
V fu Antonio II Mendini, fino a quel
momento proprietario della parte nord, cedeva la detta casa alla moglie
Maria Gallo come assicurazione dotale. Dai confini descritti si evince che la parte a sud
apparteneva al fratello Giacomo, mentre i figli del fu Giovanni, altro fratello, abitavano nella
dirimpettaia futura
casa
n. 22.
Antonio
morì nel 1650, e poco dopo i suoi figli, due dei quali da tempo residenti a Brescia,
furono costretti ad alienare la tenue eredità paterna per soddisfare i
creditori. Fra i beni del fu Antonio, c'erano appunto la casa, e l'annesso orto,
soggetti alla livellaria di Castel Valer, che furono quindi ceduti a Pietro Panizza di Taio.
Non posso dire con certezza se Pietro, forse anche convicino di Dermulo, avesse
abitato nella casa, ma il figlio
Giovanni Antonio, (sicuramente in possesso
del diritto di vicinato) almeno saltuariamente dovrebbe avervi abitato. I possessi di Pietro a Dermulo, fra i quali la
futura casa n. 20, pervennero infatti al figlio Giovanni Antonio e da questo dopo
il 1684, anno della sua morte, ai suoi figli don Pietro, Giovanni Andrea e
Margherita. Nel 1693 don Pietro Panizza anche a nome dei suoi fratelli
vendeva ad
Antonio VI fu Giacomo Mendini la detta casa.
La parte sud apparteneva
in quell'anno agli eredi di
Giacomo Mendini I, dei quali faceva parte,
oltre a
Giacomo II, anche il citato Antonio VI.
Nel 1717 Antonio VII e
Giacomo II attuavano delle permute al
fine di accorpare alcuni porzioni nelle due case ove lo zio e nipote Mendini
possedevano parti in comune. Per effetto di tale permuta
Antonio VII acquisì dallo zio
Giacomo II,
abitante come affittuario
nella casa Guelmi, la parte che esso
possedeva nella casa dei Mendini, per cui divenne l'unico proprietario
della futura casa n. 21.[2]
Poco tempo prima
Antonio VII cedeva al fratello
Giacomo Antonio I i suoi possessi nella
futura casa n. 20; ciò dobbiamo arguire, perché non ci sono pervenuti documenti
in merito, ma di fatto
Giacomo Antonio I sarà l'unico proprietario
di questa porzione di casa. Nel 1723
Giacomo Antonio I assegnava come dote alla
figlia
Orsola da poco convolata a nozze con Valentino Chilovi di Taio,
l'intera proprietà della casa, con la clausola però che ne avrebbe potuto
usufruire solamente dopo la morte di entrambi i genitori. In tale occasione la
casa fu così descritta "la sua casa
tutta e intera sita a Dermulo detta casa delli Mendini, confinante con Antonio
Mendino fratello, e la strada comune insieme dell’orto contiguo e la metà del
torchio comune con suo fratello". Il menzionato orto, come si evince da un
altro documento del 1723, era posizionato nel luogo dell'odierno piazzale, a
monte della casa (n. 20) e i suoi confini erano i seguenti: a est e a nord la strada
comune, a sud Antonio Mendini e a ovest la casa. Alla morte dei genitori, come
disposto dal padre
Giacomo Antonio I,
Orsola divenne
proprietaria della
casa dei Mendini di sopra
(futura n. 20) e nel
1747 la venderà a
Giacomo Mendini III
per la somma di 140 Ragnesi.
Per quanto riguarda invece la futura casa n. 21,
nel 1737
alla morte senza discendenti di
Antonio VI, il
cugino
Giacomo III ne divenne erede universale, riacquistando quindi il possesso della casa che fu
del padre
Giacomo II.
Quindi dal 1747
Giacomo Mendini III
come visto sopra, dopo l'acquisto fatto da Orsola Mendini divenne l'unico proprietario del caseggiato. Già nel 1745,
Giacomo III
aveva redatto il suo testamento nel quale però non aveva ricompreso questa casa
che probabilmente faceva parte di quei beni per i quali tutti gli eredi
avrebbero avuto diritto. Oppure la casa era stata assegnata a
Romedio Maria
come legato paterno. In ogni caso nel Catasto Teresiano del 1780 troviamo
Romedio Maria
proprietario del caseggiato in cui
pure abitava e che aveva una superficie di 102 Pertiche.
La casa in quell'anno veniva descritta come franca e libera per cui era già
stata acquisita in via definitiva da Castel Valer.
Romedio Maria muore nel 1798, ma probabilmente
già dal 1783, per lasciare spazio al figlio maggiore Giuseppe, si era
trasferito con il figlio
Romedio e la moglie Anna
Maria
nella casa al Plazol. In detta casa numerata con
il 17, nel 1813 infatti moriva
la moglie Anna Maria.
Per quanto riguarda
i figli di Romedio Maria,
Giacomo dopo il matrimonio si trasferì a Taio,
mentre
Vigilio nel 1800 occupò
assieme alla moglie il maso a Tavon. Nel 1779 all'epoca del matrimonio del figlio maggiore
Giuseppe con
Maria Domenica Ghina di Vervò, i genitori
Romedio Maria e Anna Maria, asserirono che in
casa loro non c'era posto per la nuova famiglia, perché tenevano molta prole, e
quindi concedevano agli sposi di poter abitare nel loro maso a Tavon.
Giuseppe
abitò quindi a Tavon per circa quattro anni per poi tornare in paese nel 1783, come prova la
registrazione della nascita di Anna Maria, prima figlia della coppia nata a
Dermulo.
Giuseppe
e la moglie Domenica Ghina e loro figlio
Romedio
con la moglie Cecilia Deromedis e per qualche anno anche Maria Maddalena,
madre di Domenica (dal 1803 fino alla morte avvenuta nel 1805) abitarono assieme
nella casa n. 21, almeno fino al 1819, quando Domenica, come si evince da un
documento di tale anno, cedeva al figlio la parte nord della casa (n. 20) così
descritta, "una porzione di casa senza coperto e diroccata non avente che
parte delle muraglie di circonferenza e un revolto a pian terreno, alla quale
porzione di casa sono coerenti 1 2 la venditrice con la restante casa, 3 strada
comunale, 4 la detta strada e l'infrascritto orto". La proprietà della casa
da parte di Domenica è sicuramente da ricercare nell'assicurazione dotale
fattale dal marito
Giuseppe. Quindi
Romedio
poco dopo procedeva con la ristrutturazione e vi prendeva dimora assieme alla
moglie Cecilia come provato dal
resoconto
riassuntivo delle case di Dermulo dato nel 1836. Tutto il caseggiato n. 20 e 21
dopo la morte di
Romedio
passerà quindi in proprietà all'unica figlia
Teresa
che nel 1845 aveva maritato
Pietro Inama,
figlio di Baldassarre.
Con il matrimonio,
Pietro, che da qui in avanti sarà soprannominato Guslòt, si trasferisce in casa di
Teresa.
Nel 1847 la casa andò distrutta da un misterioso
incendio che prendendo origine dall'angolo sud-ovest della casa n. 20, si
propagò all'adiacente n. 21, alla dirimpettaia n. 22 e alla vicina
chiesa causando enormi danni e disagi.[3]
Nel 1886 moriva
Teresa Mendini e nel testamento aveva disposto che la sua sostanza pervenisse ai due figli
Germano e
Elia. Però
riguardo alla casa, a
titolo di prelegato al solo
Germano
lasciava: "la cucina, la camera...,
inoltre l’usufrutto della cucina a settentrione". Al marito
Pietro
lasciava
l'usufrutto sulla porzione di casa a mezzodì e alla
figlia
Maria se non si fosse maritata, "l’usufrutto.....della cucina e camera a questa attigua, porzione di stalla, somasso, stradughe sottotetto nella porzione di casa verso mezzodì".
Nel 1888
Elia in cambio
del pagamento di 433:98
Fiorini di debito
che il fratello Germano
aveva con Celestino Moggio, Nicolò Riddo e il Beneficio Parrocchiale di Sanzeno,
comprava da
Germano
la sua parte di eredità materna, ossia la metà di diversi terreni e anche della
casa n. 20 e 21.
Germano da quanto risulta,
era una persona
istruita
e distinta, tanto che fu maestro nelle scuole del paese e anche
Capocomune, ma improvvisamente
lasciò Dermulo per raggiungere l'America.
Germano
non diede più sue notizie, lasciando
l'anziano padre
Pietro
nello sconforto
e parecchi debiti da pagare. Fra i creditori figurava anche il comune di Dermulo
per la somma di Fiorini 123:27, per cui nel 1889 i procuratori
Andrea Eccher e
Germano Emer proposero il pignoramento di alcuni terreni e della metà indivisa
della casa n. 20 e 21.
Nel 1891 la rappresentanza comunale di Dermulo,
manifestò l'intenzione di acquistare la parte di casa di
Germano Inama
(n. 21) e per tale scopo assunse un mutuo. La casa, che era gravata
dall’usufrutto a favore della sorella
Maria e del padre
Pietro,
venne posta all’incanto nel mese di luglio dello stesso anno e il Comune riuscì ad
aggiudicarsela, per l'importo di 552 Fiorini. In questo frangente la casa è così descritta:
"Al piano terra:
il portico
all’angolo sud est della casa fino al muro di divisione con questa e l’altra
porzione il qual muro prosegue anche al primo piano e in linea perpendicolare
che fa pure da confine con altana e tetto. Nel portico c’è pure una stalla
appartenente a questa porzione. Il prato descritto dai confini è citata la
presenza di una buca della calce. Al primo piano: somasso, cucina, stufa, camerino e camera, tutto posto sopra il
portico e stalla del piano terra, ponticello e cesso proprio e scala che mena la
piano terra. Al secondo piano: autana, sottottetto
e tetto fino all’aria posto sopra i locali descritti al primo piano". Con
Elia e con gli usufruttuari il comune stese una convenzione per la quale
Pietro
e la figlia Maria rinunciavano al diritto di usufrutto spettante su detta casa e
se questa avesse dovuto servire per abitazione a un curatore d’anime, avrebbero
dovuto rinunciare anche all’usufrutto sull’orto posto a sud della casa. Per dare
maggior spazio per entrare nel somasso sarebbe stato occupato uno
spazio di prato attiguo sull’angolo nord-ovest. Per la cessione di questi
diritti fu stabilito il corrispettivo di Fiorini 440. Gli usufruttuari sarebbero
stati liberi di utilizzare cucina, stufa e camera al primo piano fino a tutto
giugno 1893, e se per caso per tale data non avessero potuto usufruire di altri
locali nella casa di Elia, l’usufrutto sarebbe stato prolungato per un mese. Il
comune avrebbe potuto disporre
di tutta la rimanente casa per abitare, per
fabbricare o altro. Se la convenzione fosse stata accettata dalla rappresentanza
comunale, Elia si sarebbe obbligato a dare abitazione al padre
Pietro
e alla
sorella Maria nella sua casa n. 20. Se nei lavori futuri si fosse reso
necessario levare la porta del somasso, le pietre e i battenti sarebbero stati
messi a disposizione di Elia. Se Elia, fabbricando le camere per il padre e la
sorella avesse avuto bisogno di più spazio, avrebbe potuto occupare a minor danno una
parte dell’altana della casa n. 21, nel modo da stabilirsi. E, ancora, se il comune
avesse voluto fabbricare un avvolto piano sopra il somasso della casa 21 e se
per qualche parte l’altana fosse stata occupata da Elia, questa avrebbe dovuto
essere
liberata e il comune avrebbe fornito ad Elia un altro spazio di altana non
utilizzata. Per ultimo, Maria voleva che le fosse accordato il diritto di
usufrutto della metà della stalla, ossia fino al piede in mezzo all’avvolto, la
cui porzione di stalla sarebbe accordata verso mezzodì con l’ingresso dall’uscio
che mette nel prato e il passo e ripasso per l’andito fuori della casa lungo il
muro a settentrione e mezzodì della stessa.
Nel 1897
Elia prendeva in
moglie
Santina Corazzola e le assegnava in usufrutto alcuni stabili, fra i quali la
porzione di casa al n. 20 costituita da stufa, cucina, due camere al secondo
piano, con diritto alla stalla, sottotetto e anditi.
Nel 1893 il Comune
di Dermulo faceva costruire a
spese di
Elia Inama un muro divisorio fra la casa n. 20 e la casa n. 21.
Tre anni dopo la rappresentanza comunale avviava un progetto di permuta della casa n. 21 con la casa primissariale n. 16,
senza però arrivare a nulla di concreto.
Nel 1904 il comune di Dermulo proponeva di cedere il primo piano e
un avvolto della casa n. 21 al fondo primissariale,
ricevendo in cambio la casa n. 16 con il relativo orto (p.f. n. 247),[4]
ancora una
volta però non si riuscì a concludere.
PERSONE EFFETTIVAMENTE PRESENTI NELLA CASA * | |||||||
Anno 1620 | |||||||
Giovanni Mendini |
futura casa 20 |
futura casa 20 |
futura casa 20 |
futura casa 20 |
casa 20 |
casa 20 |
casa 20 |
Margherita Massenza (m) |
Antonio Mendini |
Giovanni Antonio Panizza |
Giacomo Antonio Mendini |
disabitata |
disabitata |
||
Antonio Mendini (f) |
Maddalena Deredis (m) |
Caterina Conci (m) |
Anna Barbacovi (m) |
|
Cecilia Deromedis (m) |
|
Santina Corazzola (m) |
Giovanni Mendini (f) |
Giacomo Mendini (f) |
Pietro Panizza (f) |
Domenica Mendini (f) |
|
Teresa Mendini (f) |
casa 21 |
Attilio Inama (f) |
N. Mendini (f) |
Giovanni Andrea Panizza (f) |
Dorotea Mendini (f) |
|
Silvio Inama (f) |
|||
futura casa 21 |
Margherita Panizza (f) |
Ursula Mendini (f) |
M. Anna Schadler (m) |
|
|
Maria Inama (S) |
|
Antonio Mendini |
Margherita Mendini (f) |
Giacomo Mendini (f) |
|
|
|
||
Maria Gallo (m) |
|
Lucia Mendini (f) |
Romedio Mendini (f) |
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casa 21 |
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Antonio Mendini (f) |
Antonio Mendini |
Antonio Mendini (p) |
Teresa Mendini (f) |
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|
don Carlo Paolazzi |
|
Lucia Inama (m) |
Vigilio Mendini (f) |
|
|
Giuseppe Paolazzi (fr) |
|||
Giacomo
Antonio Mendini (f) |
futura casa 21 |
|
|
Maria Tabarelli (c) |
|||
Antonio Mendini (f) |
|
|
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||||
Ursula Mendini (f) |
Maddalena Rizzardi (m) |
|
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|
|||
|
Barbara Mendini (f) |
|
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|
|
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|||
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* Per gli anni 1554, 1620 e 1670 le persone non sono quelle effettivamente presenti ma solo quelle di cui si è avuta contezza. Il nominativo sottolineato corrisponde al capofamiglia. Le seguenti abbreviazioni indicano i rapporti di parentela con il nome sottolineato: m sta per moglie, f. per figlio/a, fr per fratello, S per sorella, v per vedovo/a, p per padre, M per madre, s per suocero/a, n per nipote, z per zio, N per nuora e c per cognato/a. Per il 1780, i nomi dei proprietari provengono dal Catasto teresiano presso l’A.S.T. Per il 1921 si è preso in considerazione il censimento di tale anno presso l’A.C.D. Inoltre, e solo per questo anno, sono state evidenziate le persone assenti con la lettera a. Per gli anni rimanenti i nomi dei capifamiglia e/o il numero degli occupanti la casa, sono stati desunti da vari documenti consultati presso A.C.D., A.P.T. e A.D.T. Per l'anno 1620 non si ha la certezza matematica che le persone elencate siano quelle effettivamente presenti. |
[1] La prima investitura ufficiale di cui si ha notizia risale al 1381 Odorico fu investito della casa e di quattro terreni, a Poz, in Vila Bernaya, alle Sort e a Ronch. Il canone che rimase sempre costante negli anni era costituito da due Stari di Frumento, due Stari di Segale, due Stari di spelta e due capponi. Nel documento si fa riferimento ad una precedente investitura, forse la prima, avvenuta intorno al 1340 a favore di Nascimbene, padre di Odorico. Nell'archivio di Castel Valer si trova traccia di almeno sette investiture relative ai seguenti anni, 1381, 1534, 1561, 1581, 1600, 1625 e 1641.
[2] Nel 1690 i fratelli Giacomo e Antonio Mendini figli del fu Giacomo I compravano un cortile e un portico nella casa 23, ma già prima, nel 1684 avevano comprato altre parti in detta casa da Matteo Bertolasi. Nel 1693 Antonio cedeva la sua metà di casa a don Pietro Panizza in cambio della casa n. 20, invece Giacomo Mendini rimaneva proprietario della sua parte di casa 23. Nel 1717 Antonio fu Antonio Mendini cedeva allo zio Giacomo II Mendini la parte di casa al Plazzòl, più il prato al Rizagn, e l’arativo e vignato all'Audaral.
[3] Dal 1820 e sicuramente fino al 1880, la casa n. 21, cioè la parte a sud, era marcata con il n. 22. Il 21 nello stesso periodo, era il numero assegnato alla casa di fronte, ossia la casa Mendina.
[4] Questa particella non corrispondeva alla vecchia p.f. recante lo stesso numero e posizionata a valle della scomparsa casa n. 15, ma ad una parte del sedime della ex casa, adibito a orto.
Case numero: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29-48
Case Mappa delle case Introduzione Foto della Casa n. 20-21 Schema della Casa n. 20-21