LE FAMIGLIE EMER
Credo, che nelle registrazioni parrocchiali, relative ai paesi di Taio e Dermulo, nessun altro cognome sia stato “maltrattato” come Emer. Il risultato delle errate scritture dei vari parroci, è l’unificazione dei due cognomi Emert e Ebner in un’unica forma: Emer.
Per gli Emer di Dermulo, non esiste più nessun dubbio, la loro genealogia è sicura, in quanto i figli del capostipite Giovanni (1612-1668) sartoris teutonici abitantis Hermuli, ed alcuni suoi nipoti sono stati registrati sempre con il cognome Emert. Solamente dopo il 1670, si incomincia a riscontrare la forma senza la “t” finale, cioè Emer. Grazie a un documento del 1646, abbiamo la certezza che il padre di Giovanni (1612-1668)[1], si chiamava Giovanni ed era già morto al momento della stesura dell’atto. Per quanto riguarda la terra d’origine, non credo di sbagliare se indicassi la Germania. I vari appellativi teutonico e alemanno ne sono la prova.
Gli Emer di Taio invece, hanno il loro capostipite certo nella persona di Cristoforo Ebner (1624-1694)[2] faberlignaris de Faldaino [3] incola Thai. A Cristoforo, gli estensori ecclesiastici si sono dati un bel da fare per storpiarne il cognome. Infatti nelle sette registrazioni di nascita e battesimo dei suoi figli, Ebner è diventato Emer e perfino Emert.
Nei registri però, sono menzionati in vario modo, altri due individui con cognome Ebner, che si collocano in un’epoca anteriore al suddetto Cristoforo, essi sono: Giovanni e Cristoforo.
Di Giovanni, si hanno le prime notizie nel 1631, anno in cui la moglie Anna presenziò come madrina a nome della contessa Thun, al battesimo di Baldassare Khett.[4] Anna, è detta moglie di Giovanni Ebner arculerii, cioè tessitore. Nel 1636, Giovanni si dice provenire da Faldein.
Cristoforo Ebner è menzionato assieme alla moglie Margherita nel 1627, in occasione del battesimo della figlia Maria. Cristoforo è detto falegname della Diocesi di Bressanone.
Cristoforo (1624-1694), probabilmente era figlio di Giovanni o di Cristoforo. In ogni caso le tre persone erano imparentate.
Considerando che nel Seicento, a Castel Bragher erano attivi molti artigiani di lingua tedesca,[5] non è da escludere, che anche l’arrivo degli Ebner e degli Emert sia da attribuire ai conti Thun. Non di rado, quest’ultimi compaiono anche come padrini, al battesimo della figliolanza delle due famiglie. Il sartore Giovanni Emer è citato come testimone di un documento redatto a Castel Bragher nel 1682.
In questo lavoro ho preso in considerazione solamente gli Emer di Dermulo, discendenti di Giovanni, che sarà l’argomento del prossimo capitolo.
Giovanni sposato con Caterina Alberti figlia di Pellegrino da Bocenago,[6] abita a Dermulo, dove esercita la professione di sarto. E’ probabile, che Giovanni avesse acquistato la sua casa da Nicolò Cordini. Purtroppo, allo stato attuale della ricerca, non ho trovato il relativo documento di compravendita, ma ritengo la mia ipotesi abbastanza fondata. Nel 1608 la futura casa Emer, era già di Nicolò Cordini, al quale era pervenuta in eredità da Martino Cordini. La casa, potrebbe essere stata ristrutturata da Giovanni (n.1641)[7] figlio del primo Giovanni. Infatti il portale in pietra reca la data 1682, le iniziali G.E. (Giovanni Emer o Giorgio Emer?) oltre al monogramma IHS.[8] Gli altri figli di Giovanni erano Giulia n. 1646 che sposerà Vittore Tamè di Tres, Giorgio n.1652, Giovanni Vittore n.1657 e Maria n.1649,[9] di questi ultimi due non si hanno altre notizie.
Il 21 settembre 1685 il principe vescovo Francesco Alberti Poia, in considerazione dei fedeli servigi resi come custos suppellectiliun e mensae instratoris, concedeva a Giorgio Emer di Dermulo, in procinto di sposarsi, il privilegio di familiarità. Contestualmente concedeva al suddetto Giorgio e ai suoi eredi di potersi fregiare di uno stemma così composto: su uno scudo azzurro, un leone eretto che trattiene tra le zampe anteriori un vessillo con la scritta Emer. Sovrasta lo scudo un elmetto.[10] A quanto sembra, quindi, Giorgio era una specie di supervisore della “tavola” vescovile. All’assegnazione di questo incarico, secondo me non fu estraneo il rapporto di parentela con gli Alberti di Bocenago. La mamma di Giorgio infatti, era una nipote del pievano di Taio, Giovanni Pietro Alberti. Giorgio compare anche in un documento del 1691[11] in relazione all’assegnazione del patrimonio al nipote Giovanni Antonio che stava abbracciando la vita sacerdotale. In questo atto è nominato come “Giorgius Hemer de Hermulo incola Tridenti” che era ancora in comunione dei beni con il fratello Giovanni e diceva di agire per se e per i suoi eredi. A Trento nel 1763, abitava un certo Giorgio Antonio Emer, che molto probabilmente era un nipote di Giorgio.[12]
Del matrimonio di Giovanni II° con Ludovica figlia di Ercole Cordini di Taio, si è a conoscenza della nascita di almeno sei figli. Fra questi due maschi di nome Giuseppe Vittorio (1678-1745) e Giovanni Antonio (n.1668)[13]; quest’ultimo seguirà la via ecclesiastica con il nome di Don Antonio.[14] E’ del 1691 un documento di assegnazione patrimoniale, con il quale gli veniva ceduto un arativo al Campolongo, un caniparo nella villa di Dermulo, un orto ed un broiletto aderenti al predetto caniparo nel luogo detto alli Cordini[15] ed una parte di casa paterna. Questi beni poi saranno donati al nipote Cristano.
Nel 1740 lascia un legato al fondo primissariale per il quale si dovevano celebrare dieci S. Messe nel periodo di Pasqua, Pentecoste e Natale.[16]
Delle quattro femmine di Giovanni II°, due erano sicuramente sposate e cioè Caterina (n.1684) con Giacomo Coletti di Mollaro, Margherita (n.1673) con Pietro Calligaris di Dardine; un’altra di nome Caterina morì dodicenne nel 1682, e Maddalena (n.1676) forse rimase nubile.
Giuseppe Vittorio, pittore ed indoratore fu una delle rare persone a dare un po’ di fama al nostro paese. Egli opererà parecchio nelle chiese della valle; ricordiamo che nel 1705 dipinse le statue di S. Domenico e di S. Caterina fatte da Vigilio Prati per la chiesa di Nanno; nel 1708 dipinse la nicchia dell’altare di S. Giuseppe nella chiesa del Rosario di Sanzeno. Nel 1706 ebbe troni 65 per la pittura del quadro di un confalone e troni 6 per la riparazione di un altro quadro per la chiesa di Nanno; nel 1707 colorì delle statue a Tassullo e fece un quadro per un nuovo confalone[17]. Nel 1710 dipinse l’altare della cappella di S. Sigismondo a Vion. Nel 1712 si obbligò di indorare la pala dell’altare maggiore della parrocchiale di Taio, fatta dal Strobl nel 1685, con oro zecchino di Venezia per 550 Ràgnesi . Nel 1723 fece 142 giornate lavorando da pittore e indoratore per la nuova chiesa di Loreto, fuori di Castel Bragher.[18]
Nel 1706, si sposa con Maddalena Keller o Fortsckeller[19] di Castelrotto ed abita a Taio. Dal matrimonio, si ha notizia della nascita di quattro figlie e di un figlio: Giovanni Cristano. Delle femmine, solo Ludovica Agnese rimase nubile; Maria Cordola sposerà Gio.Batta Cova muraro di Taio, Margherita sposerà Antonio Corazzola di Tres e Caterina andrà in moglie a Gio.Batta Frasnelli di Taio.
Giuseppe Vittorio, nel 1717 e nel 1719, vende delle parti di casa ubicate a Taio, a Luca e Romedio Bergamo e probabilmente ritorna a Dermulo nella casa detta del Vittorio. Detta casa, più tardi n. 24, sarà in seguito abitata dal figlio Cristano. Vittorio nel 1720, riceve una somma di 172 Ràgnesi, come eredità dello zio materno Francesco Cordini morto nel 1717, quando era cappellano a Dermulo. Durante la sua vita, Vittorio fu protagonista di numerose vendite di terreni a Dermulo, e altre parti di casa a Taio.
Cristano, di professione tessadro, sposa nel 1734 Teresa Margherita Widmann, figlia unica di Giuseppe Widmann e Caterina di Coredo.[20]
Nel 1735 i coniugi Giuseppe e Caterina Widmann, cedono tutti i loro beni posseduti a Coredo, Taio e altrove alla figlia Teresa Margherita.
Nel 1749 Teresa Margherita, vende al cognato Gio.Batta Frasnelli una casa a Taio, nella località ai Ponti; contemporaneamente il marito Cristano vende una casa sempre a Taio qui in Villa a Francesco Frasnelli, fratello di Gio.Batta[21].
Cristano aveva cinque figli maschi: Giovanni, Giacomo, Leonardo, Giorgio e Gaspare. I primi due si sposeranno ed abiteranno a Dermulo, gli altri lasceranno il paese per altri luoghi.
- Leonardo Wolfango, di cui non si conosce la data di nascita, sposa Barbara Zanella di Magras, e si trasferisce circa nel 1790 a Maderno nei pressi di Salò.[22] Dai registri parrocchiali risulta che prima del suo trasferimento, erano nati a Dermulo due suoi figli: Gio.Batta Baldassare (n.1785) e Giuseppe Giacomo (n.1787). Leonardo, lo troviamo menzionato l’ultima volta in un documento del 1799, nel quale manifesta la sua rinuncia all’eredità materna.
Oggi a Caino, in provincia di Brescia ci sono alcune famiglie Emer che probabilmente discendono da Leonardo.
- Giorgio, nato nel 1757 abita a Vervò e probabilmente non lascerà nessun discendente. L’unica volta che compare in un documento, oltre alla registrazione della nascita, è nel 1798.
- Gaspare, nato nel 1748 abiterà a Cortaccia, dove morirà prima del 1803 lasciando due figli di cui non si conosce il nome.
- Giacomo, nato nel 1747, sposa nel 1773 Maddalena Ziller di Sanzeno, abita a Dermulo nella casa ai Massenzi; nel 1775 secondo quanto riportato da un atto notarile, ottiene l’emancipazione dal padre Cristano, che gli cede pure gli attrezzi per esercitare la professione di tessadro. Per qualche periodo (1774) è anche sacrestano, ma muore precocemente nel 1777 lasciando solo una figlia. Cristano, eredita la casa, detta anche al Castelet, che poi venderà nel 1787 a Domenico Massenza. Domenico confinava con detta casa da tutti i lati.
La parte di casa detta ai Massenzi o ai Fabiani o ancora al Castiel, era stata acquistata da Giacomo, assieme a vari terreni dagli eredi di Giuseppe Massenza di Rallo che si erano trasferiti a Salò.[23]
- Giovanni Ferdinando, di professione calzolaio, era nato nel 1741 e dalla moglie Barbara Zadra di Tres aveva avuto tre figli maschi: Pietro, Giovanni e Romedio, e una femmina Teresa (n.1774).[24] Nel 1772 aveva comperato da don Gaspare Chilovi, una parte di casa ai Massenzi (più tardi n. 9-12) appartenuta a Gio.Batta Inama. Non è sicuro che Giovanni abbia abitato sempre in questa casa, infatti per un periodo (1778 e 1779)[25] è manente dei signori Betta di Malgolo e quasi certamente, avrà alloggiato nella loro casa a Dermulo (più tardi n. 25). Dall’attività di calzolaio, i discendenti di Giovanni, prenderanno il soprannome tuttora usato: Cialiàri. Anche Giovanni come il fratello Giacomo, ottiene mediante un atto notarile del 1773 l’emancipazione dal padre Cristano e quindi lo troviamo molto spesso protagonista nei documenti di compravendita.
Il primogenito di Giovanni si chiamava Pietro (1784-1817), sposava Dorotea Lorenzoni di Cles, aveva tre figli maschi e abitava nella casa paterna [26]. Nel 1817 Pietro muore di tubercolosi e la vedova Dorotea nel 1822 si risposa con Andrea Micheletti di Nanno; dei figli nati fra il 1808 ed il 1815 non si ha più nessuna notizia. E’ possibile, che abbiano seguito la madre a Nanno.[27]
Giovanni Junior (1786-1837) secondo figlio di Giovanni, sposa Domenica Vender di Rumo, abiterà nella casa paterna e avrà solo una figlia di nome Barbara che andrà in moglie a Bortolo Huber di Mezzolombardo. Poco tempo dopo la morte di Giovanni, la casa sarà venduta dai suoi eredi ad Antonio Endrizzi figlio di Giacomo. Dal 1804, ma forse anche prima, fino sicuramente al 1809, i fratelli Giovanni e Pietro, figli di Giovanni, erano manenti di Vigilio Inama di Fondo.
Romedio, figlio più giovane di Giovanni Senior sarà il capostipite delle odierne famiglie Emer di Dermulo che vedremo nel prossimo capitolo.
ROMEDIO (1787-1853) E LA SUA DISCENDENZA V. Tab. 15
Romedio, sposa Margherita Parolini di Banco e dovrebbe abitare con la famiglia nella casa n. 11 fino al 1830 circa. Verso il 1830 infatti, prende il posto del fratello Giovanni[28] come manente della famiglia Inama di Fondo e si trasferisce nella casa n. 19 di loro proprietà. Tra il 1840 ed il 1850, Romedio acquisterà il maso dagli eredi di Vigilio Inama di Fondo che era morto nel 1837. Del maso facevano parte: la casa n. 19, il terreno situato dietro ad essa: Lòc, una buona parte della zona di Poz, il prato alla Fontana, oggi occupato dalla casa di Egidio Endrizzi; altri terreni in località Braide, Ciambiel, Rizagn, Lamport ed un bosco a Sas. Uno di questi terreni, era gravato dall’obbligo di fornire alla chiesa di Dermulo, 9 libbre trentine di olio di oliva, ma Giovanni figlio di Romedio riuscirà a liberarsene.[29]
Romedio aveva tre figli maschi: Giovanni (n.1820), Pietro (n.1829) e Romedio (n.1839); i primi due si sposeranno rispettivamente con Barbara e Caterina Pinamonti sorelle di Tassullo, l’ultimo con Lucia Depero di Quetta. Delle femmine, Anna sposa nel 1851 Nicolò Visentin, Teresa nel 1862 Gio.Batta Coletti di Torra e Filomena nel 1856 Giuseppe Inama detto Bomba di Dermulo. Giovanni e Pietro abiteranno nella casa n. 19, dove circa nel 1860 apriranno una bettola. Romedio Junior nel 1881 emigra con la moglie Lucia ed i quattro giovani figli in Brasile, stabilendosi nello stato di Rio Grande do Sul e lasciando libera la casa n. 24. Lo seguirà nel viaggio il nipote Basilio, figlio di Giovanni. Molto probabilmente assieme agli Emer, partì anche Lorenzo Eccher con tutta la famiglia.
Nel 1886 Lucia Depero è nominata erede della sostanza della zia Domenica Paris di Grumo.
I DISCENDENTI DI GIOVANNI
(1820-1877) V. Lista n.1
Giovanni, sposa nel 1855 Barbara Pinamonti e dal loro matrimonio nascono sette figli: tre maschi di nome Germano (n.1860), Geremia (n.1866) e Basilio (n.1864) e quattro femmine di nome Irene, Teresa, Maria Barbara e Rosa. Quest’ultima si sposerà con Francesco Eccher figlio di Felice. Basilio, come abbiamo visto nel capitolo precedente, segue lo zio Romedio in America, si sposa e muore nel 1901 lasciando sei figli in minore età[30]. Per tale motivo. nel 1902 Geremia Inama sarà nominato curatore di detti figli. Detto incarico sarà mantenuto fino al 1927, quando per motivi d’età e di salute sarà sostituito da Germano Emer.
Maria Barbara sposerà Pietro Forno di Taio.
Geremia e Germano vivono con le rispettive famiglie nella casa n. 19 dove già nel 1875 gestiscono un’osteria.
Nel 1897 i due fratelli costruiscono la casa numerata con il 30, detta ciasa nova. Nel 1903, Germano si trasferisce nell’antica casa Emer n. 24. Germano sarà per molti anni Capocomune, si sposerà due volte, la prima con Elvira Faccini che morirà nel 1908 lasciando orfani i tre figli Barberina, Ida e Giovanni, la seconda con Rachele Inama figlia di Giacomo.
Geremia, sposa nel 1900 Teresa Zadra di Tres ed avrà dieci figli: Adolfo, Adele, Severina, Alma, Placido, Adelio, Alice, Guerrino, Luigi e Paolo. Agli inizi del Novecento, Geremia progetta di costruire una casa alla Clesura ma poi abbandonerà l’idea ed il figlio Adolfo negli anni ‘30 ne costruirà una alle Braide.
I
DISCENDENTI DI PIETRO (1839-1878)
V. Lista n.2
Dal matrimonio di Pietro con Caterina Pinamonti, nasceranno due figlie: Francesca Filomena (n.1863) e Celestina (n.1867); e quattro figli maschi: Alessandro (n.1861), Celeste (n.1870), Giuseppe (n.1873) e Arcangelo (n.1876). Celestina sposerà nel 1889 Enrico Eccher figlio di Felice. Dei quattro maschi, solo Arcangelo[31] che era cieco, rimarrà celibe, gli altri si sposeranno e abiteranno tutti a Dermulo.
Alessandro sposato con Maria De Campi di Tres abiterà con la numerosa famiglia nella casa n. 19, il figlio Guido negli anni ‘30 comprerà da Vigilio Tamè, che a sua volta l’aveva acquistata dal barone Widmann, la casa n. 25, oggi proprietà Eccher. Altri tre figli di Alessandro: Egidio, Celestina e Clemente sono emigrati in America; un altro di nome Livio si sposerà ed abiterà a Dermulo.
Giuseppe con la moglie Rosa Moratti nativa di Tuenno abitava nella parte a settentrione della casa n. 19. Dal matrimonio nascono undici figli, due dei quali vivono a Dermulo.
Celeste sposa Agnese Gaiardelli di Tres ed abita nell’antica casa Emer n. 24; l’unico figlio maschio di nome Luigi sposa Irma Toniatti.
[1] L’anno di nascita è stato dedotto dall’età riportata nella registrazione di morte.
[2] L’anno di nascita è stato dedotto dall’età riportata nella registrazione di morte.
[3] Dovrebbe trattarsi di Aldino in provincia di Bolzano, che nel vecchio dialetto tedesco suonava Faldain.(Su informazione del dott. Helmut Rizzolli)
[4] Baldassare era figlio di Andrea Khett pescatoris ex Germania, abitante a Castel Bragher.(A.P.T. Registro dei nati)
[5] Ad esempio c’erano gli Hagen pure falegnami e nel primo quarto del secolo un altro falegname di nome Giorgio originario della Baviera.
[6] Pellegrino Alberti, fratello del Pievano di Taio Giovanni Pietro Alberti abitava già nel 1613 nella canonica di Taio. Pellegrino aveva sposato Giulia Arnoldi di Tuenno dalla quale aveva avuto diversi figli fra i quali la summenzionata Caterina. Nel 1609, come risulta nel ms. 1848 pag. 205, presso la B.C.T., l’Alberti fu nobilitato dal principe vescovo di Trento.
[7] Aldo Bertoluzza a pag. 114 del libro “Storia e tradizione del cognome trentino. Libro della cittadinanza di Trento” a proposito del cognome Emer, riporta proprio la registrazione della nascita di Giovanni: filius Iannes Emert Sartory Theutonici habitantis Hermuli.
[8] E’ l’abbreviazione del nome di Gesù (in latino Ihesus) e significa anche Ihesus Hominum Salvator.
[9] Potevano esserci altri figli non registrati nei libri parrocchiali.
[10] B.C.T. ms. 1848 pag. 288
[11] A.D.T. Libro Patrimoniale n. 14?
[12] Cfr. Aldo Bertoluzza “Storia e tradizione del cognome trentino. Libro della cittadinanza di Trento”
[13] Il matrimonio fra Giovanni e Caterina risulta essere stato celebrato il 28 maggio 1668. Il loro figlio Giovanni Antonio, appare nato il 20 aprile 1668. La discordanza è evidente, ma l’errore non è facilmente individuabile.
[14] Nel 1734 e fino al 1742 quando rinunciò all’incarico era primissario a Dermulo don Domenico Emer di Taio.
[15] Dalla descrizione dei confini si evince che si trattava della zona ortiva subito sotto l’antica casa Emer.
[16] Di questo legato si trova notizia in un riepilogo redatto in concomitanza della fondazione della primissaria di Dermulo nel 1778. Le Messe sono riportate su un prospetto assieme a tutte le altre Messe legatarie che si dovevano celebrare a nella chiesa di Dermulo.
[17] Don Negri a pag. 180 del suo libro “Memorie della Parrocchia e dei Parroci di Tassullo” afferma che le due statue erano della Madonna del Rosario.
[18] Cfr. Simone Weber “Artisti trentini”.
[19] Nel registro dei matrimoni della parrocchia di Taio il cognome risulta Fortsckeller.
[20] Giuseppe e Caterina Widmann abiteranno a partire da circa il1740 a Dermulo presso la figlia Margherita, dove moriranno rispettivamente nel 1753 e nel 1745.
[21] La casa “qui in Villa” forse era una parte di casa del padre Vittorio.
[22] Nei registri parrocchiali di Toscolano Maderno il cognome Emer non è mai comparso, quindi la sua permanenza in loco non deve essersi protratta per molto tempo.
[23] Era una parte di casa che apparteneva a Luca Massenza, padre di Giuseppe che risiedeva a Rallo.
[24] Dai registri parrocchiali risulta che dal matrimonio sono nati otto figli fra i quali tre morirono sicuramente in giovane età.
[25] Per questi due anni le notizie sono compravate da dei documenti, ma possiamo immaginare che Giovanni sia rimasto al maso Betta per un periodo più lungo.
[26] Pietro è proprietario anche di metà della casa n. 24. poi acquistata dal fratello Romedio.
[27] A Malè nel 1870 era nato un certo Dario Emer poeta e scrittore di discreta fama (V. Aldo Bertoluzza Op. Citata). Potrebbe essere il discendente di uno di questi tre fratelli?
[28] Pietro era morto nel 1817, Giovanni torna nella casa n. 11 dove muore nel 1837.
[29] AST Giudizio Distrettuale di Cles Busta 50.
[30] I figli si chiamavano Germano, Maria, Ida, Giovanni, Irene e Virginia. In Brasile oggi vivono i loro discendenti.
[31] Arcangelo era emigrato anche in America da dove era tornato nel già nel 1907.