LE MESSE
LEGATARIE E ALTRI LASCITI
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NOME |
n. MESSE |
n. Messe in seguito
alla riduzione dell'anno 1854 |
NOTE |
Don Pietro Antonio Panizza |
12 |
7 |
Non esiste nessun sacerdote con questo
nome nella famiglia Panizza. Molto probabilmente si trattava
di don Pietro Panizza che possedeva pure il diritto di
vicinato a Dermulo, oppure di don Filippo Antonio Panizza.
Le messe per il suddetto Pietro Antonio dovevano essere
celebrate ogni prima domenica del mese. |
Don Antonio Emer |
10 | 4 |
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Bartolomeo Massenza |
2 | 1 |
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Vittore Tamè | 1 | 1 |
Probabilmente era il figlio di Giorgio. Vittore
aveva redatto testamento a Castel
Bragher nel 1767 dove si trovava gravemente infermo.
Di questa messa che veniva
celebrata l'8 maggio, festa di San Vittore, patrono della
chiesa pievana di Taio, non si ha il
riscontro documentale. |
9 | 6 |
Le messe di Giacomo III figlio di Giacomo
II, non provenivano dalla
fondazione del 1710, ma da un legato istituito nel 1728 assieme al
fratello Giacomo Antonio II, radicato su un terreno
al Bertus,
che si può riconoscere nella parte ovest della futura p.f. 606.
Le messe erano istituite col documento erano 8 e si disse
dovessero essere celebrate nei giorni della Santa Maria
Vergine e quindi come da prospetto: 2 febbraio
(Purificazione di Maria), 25 marzo (Annunciazione),
2 luglio (Madonna delle Grazie),
5 agosto (Santa Maria della Neve), 15 agosto (Assunzione
della Beata Vergine Maria), 8 settembre (Natività della
Beata Vergine Maria), 21 novembre (Presentazione della Beata
Vergine Maria) e 8 dicembre (Immacolata Concezione).
Riguardo alla festa del 2 luglio non sono sicuro che si
trattasse della
festa prevista dal benefattore. Non sono riuscito neppure a
reperire l'atto di fondazione della messa da
celebrarsi la prima domenica di ottobre. |
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Antonio e Maddalena Mendini |
15 |
6 |
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14 |
6 |
Antonio era stato beneficiato di 11 messe per la donazione
del 1710, ma anche in questo caso il prospetto riporta degli
errori. Fatte salve le 7 messe da celebrarsi la IV domenica
dei primi sette mesi dell'anno, e togliendo le due del 25
gennaio e 14 febbraio, che come abbiamo visto qui sopra, in
realtà erano a suffragio oltre che di Antonio anche della
moglie Maddalena, abbiamo la seguente situazione. Una messa
il 6 e il 18 gennaio, una il 25 febbraio, una il 12 marzo e
una il 14 giugno. In totale quindi le messe risulterebbero
12, ossia una in più di quanto previsto. |
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6 |
Giovanni Giacomo, figlio del fu
Vittore Inama,
era stato beneficiato di 10 messe per la donazione del 1710
che dovevano essere celebrate la seconda domenica dei primi
dieci mesi dell'anno. |
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7 |
Silvestro, figlio del fu Giacomo Inama, |
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1 | 1 |
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5 | 1 |
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2 | 1 |
Marino, Giovanni
Battista, Bartolomeo e Antonio eredi di Antonio
erano stati beneficiati di 2 messe per la donazione del 1710
da celebrarsi il primo maggio e il 24 giugno. |
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1 | 1 |
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1 |
Valentino era figlio di
Giovanni Battista Inama
e fu beneficiato di 2 messe per la donazione del 1710
da celebrarsi il 26 giugno e il 10 agosto. |
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2 | 1 |
Gli eredi di Nicolò Mendini erano Pietro
Antonio, Pietro, Giovanni e Giacomo.
Per la donazione del 1710, in suffragio di Nicolò erano
state assegnate 2 messe nei giorni di 29 giugno e 25 luglio. |
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2 | 1 |
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Michele Inama | 2 | 1 |
Michele, figlio di Giovanni Battista Inama fu beneficiato di
2 messe per la donazione del 1710 da celebrarsi il giorno 21
settembre e 28 ottobre. |
2 | 1 |
Gregorio, figlio di Enrico Endrizzi era nato nel 1641 e
morto intorno al 1717. Le due messe derivavano dalla
donazione del 1710 e dovevano essere celebrate l'1 novembre
e 21 dicembre. |
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1 |
1 |
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Legato Salà | 104 | 60 |
|
TOTALE | 204 | 114 |
Per quanto riguarda il patrimonio beneficiale, ben
104 di queste messe, ovvero due in settimana, riguardavano il legato Salà.
Nel 1716 infatti, la comunità di Dermulo fu beneficiata da un certo Giovanni Antonio Salà di Nanno,
abitante a Tres. I motivi per i quali, il Salà beneficiò Dermulo,
anzichè Tres o Nanno, non sono noti. Sospetto che tale azione fosse
stata suggerita e caldeggiata da qualche prete. Il Salà lasciò alla
comunità un gran numero di terreni nelle pertinenze di Tres, con
l’onere di far celebrare due messe settimanali perpetue. I terreni
al momento del lascito, erano posseduti in locazione perpetuale da Giuseppe Brida, genero del Salà, il quale doveva quindi corrispondere l’affitto alla comunità
nella misura del 5 %. I terreni erano i seguenti: due campi a Fazè, un campo con un gazetto alla Spona, un
campo a Malgol, un campo a Vit, un campo a Fora Vion (alle Marchete),
un campo alla Boschaiola ed un arativo e vignato a Segno nella
località Sottorover. Nel 1752 venne rinnovata l’investitura degli
otto terreni a Giovanni Battista Brida figlio di Giuseppe di Tres.
Nel 1767 i regolani di Dermulo, Giovanni Inama e Silvestro Inama,
investivano Giacomo figlio di Antonio Micheli di Vion di un terreno
in quelle pertinenze. Si trattava del terreno denominato alle
Marchete che veniva quindi scorporato dagli altri del legato Salà. Nel 1825,
il decano di Taio don Nicolò Monauni e Mattia Mendini
sindaco della
chiesa di Dermulo, rinnovavano a Maria Domenica, vedova di Giovanni Sandrin, l’investitura dello
stesso terreno a Vion. E’ questa l’ultima notizia dei terreni appartenenti al legato
Salà. E' plausibile quindi, che gli affittuari si fossero
affrancati. Nel 1843 tali messe furono ridotte a 73 e nel 1854
ulteriormente ridotte al numero di 60.
Ben 53 delle messe legatarie gravanti sul patrimonio beneficiale,
derivavano dalla donazione fatta dai vicini di Dermulo
con la
prima fondazione primissariale del 1710.
I dermulani infatti avevano destinato gli interessi che si
potevano ricavare dalla somma di 438 Ragnesi,
allo scopo di mantenere un sacerdote che celebrasse la messa ogni
domenica. I benefattori che furono poi compensati nella proporzione di
circa una messa per ogni 8 Ragnesi di capitale offerto, legarono i
seguenti terreni:
1)
Ottavio fu
Vittore Inama regolano da il buon
esempio e promette dare 40 Ragnesi assicurandoli su un terreno
arativo e vignato a Cambiel cui 1 Giacomo Inama, 2 Via comune, 3
Antonio Mendini, 4 Silvestro Inama. Poi compensato
con 5 messe perpetue.
2) gli eredi di
Antonio Inama, Giovanni Battista
silicet Bartolomeo, Antonio e Marino fratelli assegnarono 20 Ragnesi
assicurati su un arativa detta al Fossà ossia Cavauden cui 1 il rivo
sotto corrente, 2 Bartolomeo Massenza, 3 beni comuni, 4 eredi di
Nicolò Mendini.
Poi compensati con 2 messe perpetue.
3) gli eredi di
Nicolò Mendini, Pietro Antonio
silicet Pietro, Giovanni e Giacomo fratelli per 23 Ragnesi
assicurati su un arativa detta al Fossà ossia Cavauden cui 1 rivo, 2
eredi di Antonio Inama, 3 via consortile, 4 Pietro Antonio
Mendini.
Poi compensati con 2 messe perpetue.
4)
Antonio Mendini per 80 Ragnesi da una terra
arativa al
Bertus
cui 1 via Imperiale, 2 eredi del nobile Antonio Panizza, 3 Giacomo Mendini, 4 Chiesa di Dermulo.
Poi compensato con 11 messe perpetue.
5)
Michele Inama dà 16 Ragnesi e sottopone un suo
terreno alle Marzole cui 1 Pietro Antonio Mendini uxorio nomine, 2
eredi di Nicolò Mendini, 3 Valentino Inama, 4 Silvestro
Inama.
Poi compensato con 2 messe perpetue.
6)
Valentino
Inama da 18 Ragnesi e sottopone un suo
terreno pertinenze di Dermulo alle Palisole (Parisole) cui 1 don
Filippo Panizza, 2 Via imperiale, 3 Silvestro Inama, 4 Giovanni
Giacomo Inama.
Poi compensato con 2 messe perpetue.
7) Maria vedova di Tommaso Massenza da 7 Ragnesi su
un orto a Dermulo cui 1 la propria casa, 2 il muro degli eredi di
Antonio Inama, 3 via comune, 4 la casa dell’eremo di santa Giustina.
Poi compensata con 1 messa perpetua.
(più tardi a nome del figlio
Giuseppe)
8)
Domenica figlia dei fu Bartolomeo Inama da 9
Ragnesi e sottopone un fondo alle Marzole cui 1 via imperiale, 2
eredi di Nicolò Mendini, 3 Pietro Antonio Mendini uxorio nomine, 4
Antonio Mendini.
Poi compensata con 1 messa perpetua.
9)
Simone Tamè per 10 Ragnesi sottopone la sua
arativa e vignata al Campolongo cui 1 2 3 4 i beni comunali.
Poi compensato con 1 messa perpetua.
10)
Domenico Massenza 16 Ragnesi sopra un terreno
al Fossà ossia Cavaudem (Cavauden) cui 1 2 3 comune di Dermulo, 4
Bartolomeo Massenza fratello.
Poi compensato con 2 messe perpetue.
11)
Gregorio Endrizzi per 19 ragnesi assicurati
sul suo orto alla Crosara cui 1 via Imperiale, 2 Ottavio Inama, 3
Antonio Betta, 4 Eredi di Francesco Antonio Guelmi.
Poi compensato con 2 messe perpetue.
12)
Giovanni Giacomo Inama per 80 Ragnesi, una
terra arativa e boschiva nelle pertinenze di Coredo alle Fontanelle
cui 1 Comune di Coredo, 2 4 Silvestro Inama, 3 via Imperiale.
Poi compensato con 10 messe perpetue.
13)
Silvestro Inama per 100 Ragnesi, una terra
arativa e vignata al Greggioto (non puo essere il Grezot visto che a
sera confina con la via imperiale, infatti è al Raut) cui 1 2 comune
di Dermulo, 3 via imperiale, 4 Giacomo Mendini.
Poi compensato con 12 messe perpetue.
Ci sono poi altre 47 messe derivanti da disposizioni
testamentarie, alcune delle quali non sono attualmente conosciute.
I coniugi
Antonio e
Maddalena Mendini, morirono rispettivamente nel
1737 e nel 1736, senza discendenti diretti, per cui avevano
nominato erede il cugino Giacomo III. Nel testamento i coniugi
lasciarono un legato perpetuo di 12 messe annuali
da celebrarsi dal primissario, in giorni ben prestabiliti, nella chiesa di Dermulo. Le messe si aggiunsero alle 11 istituite per la
fondazione primissariale del 1710, che occuparono, come da prospetto, le quarte
domeniche dei primi sette mesi dell'anno.
Altre 12 messe furono istituite dal sacerdote Pietro Antonio Panizza
(Filippo Antonio Panizza?)
e 10 da don
Antonio Emer.
Ancora 8 da
Giacomo Mendini
e 2 dal fratello Giacomo Antonio, queste
ultime non apparenti nel prospetto. Infine, sono prive di riscontri
documentali le due messe di Bartolomeo Massenza e la messa di
Vittore Tamè.
Nel 1843 le 100 messe
legatarie furono ridotte a 71, in quanto il primissario,
don Giacomo
Mendini, percepiva solo 35 Fiorini e 50 Carantani per la loro celebrazione. Nel
contempo furono ridotte a 73 anche le messe da celebrarsi per il legato Salà,
per le quali venivano percepiti
36 Fiorini e 24 Carantani.
Nel 1854 le messe per
il legato Salà, furono ulteriormente ridotte a 60, mentre le altre
passarono a
56. (Nel prospetto le messe risultano 52 anzichè 56.)
Nel 1926 abbiamo la conferma che le messe legatarie riguardanti il
beneficio primissariale si erano stabilizzate a 116.
Di una messa perpetua legata su un terreno
al Rì, si accenna in due
documenti datati 1762 e 1764, il cui proprietario risultava
Giovanni Battista fu Bartolomeo Inama. Nel 1772 nella vendita fatta
dallo stesso Giovanni Battista Inama a Romedio Chilovi di casa e
alcuni terreni a Dermulo, si dice che oltre al
gafforio, i detti
beni erano soggetti ad una messa legataria perpetua nella
chiesa di
San Giacomo. Sembrerebbe la stessa messa citata nel 1762 e 1764, ma
in ogni caso non ci sono documenti che possano chiarire la
provenienza di detto legato.
Infine, nel 1795 si ha notizia di un'altra messa perpetua
primissariale, radicata su un terreno a
Rizzai di cui era
proprietario Giovanni fu Giovanni Battista Inama, pure questa senza
un riscontro documentale.
RIDUZIONE DELLE MESSE LEGATARIE NEL 1843 | |
RIDUZIONE DELLE MESSE LEGATARIE NEL 1854 |
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NOME |
n. MESSE |
NOTE |
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18 |
Don Gaspare Inama
pievano di
Fassa, nel suo testamento redatto nel 1615, aveva lasciato
alla chiesa di Dermulo la somma di 200 Ragnesi per la
celebrazione di 24 messe annue perpetue. Non c’è riscontro
sul motivo per il quale ne furono decurtate 6
|
Eremita Eternoster |
12 |
Giovanni Giacomo Etterharter di Innsbruck fu il primo eremita documentato di Santa Giustina. Nel 1627 aveva ceduto alla chiesa di Dermulo un capitale di Ragnesi 111:6:3 e per tale lascito ordinava che gli fossero celebrate 7 messe nella chiesa di Santa Giustina; una il 24 aprile (giorno della consacrazione della chiesa), una il 26 settembre (festa dei SS Giustina e Cipriano) e una per ogni mese di giugno, luglio, agosto, settembre e ottobre. Dopo la sua morte aveva lasciato un capitale di 100 Ragnesi alle chiese di Dermulo e Santa Giustina, per un totale di 9 messe legatarie. Probabilmente le messe da celebrarsi all'eremo di Santa Giustina furono poi ridotte e dirottate sulla chiesa di Dermulo.
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Inama Bortolo |
4 |
Bartolomeo Inama nel 1688 aveva lasciato alla chiesa un terreno a Dermulo, nella località alla Croce, con l’aggravio di 4 messe annuali.
|
Gaiardelli Federico |
2 |
Federico Gaiardelli di Tres fu eremita di Santa Giustina almeno dal 1662 fino al 1670. L’eremita aveva lasciato alla chiesa di Santa Giustina un terreno a Tres, nella località all’Ors con l’aggravio di 2 messe annue. L’aggravio fu poi trasferito su un terreno a Dermulo, nel luogo detto al Fossà. Il Gaiardelli risulterebbe eremita anche intorno al 1690, forse era stato rieletto dopo un periodo di assenza.
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Vittore Tamè |
2 |
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Lucia Inama |
1 |
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Fuganti eremita |
2 |
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Cattarina Inama |
1 |
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Emer Silvestro |
3 |
|
Tre di queste messe erano state lasciate come legato dalla
famiglia Pret. Tale famiglia si era estinta a Dermulo sul finire
del Cinquecento, ma l'esistenza di un legato per la celebrazione
di tre messe è comparso nei documenti in altre occasioni.
Ad esempio nel 1715, la comunità di Dermulo sollecitò
l'arciprete di Taio, don Valentino Bergamo, a ricercare il
documento originale di fondazione del legato lasciato dalla
famiglia Pret, in modo che si potesse capire, cosa fosse stato
stabilito. Tale atto, secondo i regolani della comunità, era
stato trasportato da Dermulo a Taio dallo stesso Bergamo, per
cui - si disse - era suo dovere reperirlo. Suppongo comunque che non ci sia stato
un seguito, perchè successivamente, del legato della famiglia Pret non si è più parlato. Del documento in questione però ho
trovato traccia nel regesto dei documenti presenti nella
sacristia di Dermulo che così recita: "V’è
instromento di donazione de rogiti di Guariento de Guarienti di
Rallo Notaro, fatta da Barbara
Frà di
Dermullo della Pieve di S. Vittore di Taio de .......1441 a
Maria sua figlia de beni provenienti da Pietro suo padre con
questo, che Giacomo suo figlio abbi la terza parte di detti
beni, coll’obbligo ingionto a d.to Giacomo di far celebrare ogni
anno per l’anima sua due Messe e se a ciò non adempisse commanda
la donante che, la detta terza parte cada, e cader debba alla
fabrica della Chiesa
di S. Giacomo di
Dermullo."
Lasciando a parte le imprecisioni, quali il cognome "Frà"
anzichè Pret e l'anno 1441 anzichè 1541 o 1551, questo sembra il
documento di fondazione delle tre (due?) messe del legato Pret.
Il rapporto di parentela fra le persone citate non è
chiarissimo, ma si capisce che Giacomo era la persona obbligata
a pagare le messe legatarie, in quanto beneficiato di un terzo
dei beni donati da sua madre Barbara.
Riguardo alla famiglia Pret però, c'è un'altra persona che
potenzialmente avrebbe potuto contribuire ad aumentare il numero
di messe, ovvero
Simone, che morì intorno al 1554. Affermo ciò, perchè nell'urbario
di San Vittore risulta una messa da celebrarsi il giorno della
consacrazione della chiesa, a nome del fu Simone Pret. Simone
quindi, potrebbe aver lasciato verosimilmente un legato per
celebrare una messa anche nella chiesa di Dermulo. Il
documento, come anti altri, si era perso e il relativo obbligo, aggregato a
quello delle altre due messe della famiglia Pret.
Altre messe di cui non si fa cenno, sono quelle istituite nel
1724 da Antonio fu Silvestro Rizzardi di Coredo, il quale lasciava alla
comunità di Dermulo un capitale di 40 Ragnesi per far celebrare
4 messe nella chiesa del paese. Nel 1726 con tutte le parti d’accordo, le messe
furono ridotte a due, ma di queste messe non c’è traccia nel
prospetto. Antonio Rizzardi aveva beneficiato Dermulo, in
ricordo della
nonna paterna Margherita Inama, originaria del nostro paese e il
capitale di 40 Ragnesi era stato precedentemente prestato da
Antonio a
Gregorio Endrizzi di Dermulo, che quindi divenne
debitore della comunità.
Fra gli aggravi contemplati nell'inventario dei beni della
chiesa del 1766,
figurano Troni 92,5 da pagare ogni anno al parroco di Taio per le messe legatarie, che si dicono nel numero di 40
anzichè 45.
Nel 1913 le messe gravitanti il patrimonio della chiesa, in
precedenza del numero di 45, risultavano ridotte a 31. Nel 1926
viene riconfermato il numero di 31, delle quali
IL LEGATO PER LE ROGAZIONI
Nei documenti si sono riscontrati altri interessanti legati,
lasciati da persone di Dermulo a favore della comunità. In
particolare, qui accennerò solamente ai legati perpetui e non a quelli
ordinati per una sola volta o per un numero limitato di anni.
Il legato più vecchio risale al 1718 e fu voluto dai coniugi
Antonio e
Maddalena Mendini, i quali stabilirono che "Ogni anno in
perpetuo nel giorno di martedì delle rogazioni, il reverendo
beneficiato a Dermulo, dovrà distribuire davanti alla porta
della casa del
testatore, troni 6 di pane di formento in tante tronde[2] a quelli che parteciperanno alle
rogazioni,[3] dopo la morte dei testatori. Per questo sottoponendo, un quarto di decima che si raccoglie nei
campi a Cavauden, proprietà del testatore e pertinenze di Sanzeno."
Di questo legato si sono perse le tracce. Per gli aggravi in genere, era verosimile la possibilità di
sgravarsi, ma non credo che questa sia stata la fattispecie, in
quanto ho la conferma, ad esempio, che per il legato di cui parlo qui sotto, tale possibilità
fosse stata preclusa. Infatti in una nota di metà Ottocento, si
chiarisce che essendo questi obblighi di origine testamentaria, non
era possibile un loro affrancamento.
Nel 1735 fu invece Giacomo Antonio Mendini, cugino del sopraccitato
Antonio a disporre un altro legato, ovvero che "in perpetuo sia
distribuita una tronda il lunedì delle Rogazioni a quelli che
saranno in processione, cioè Stara due e mezzo di frumento, per il
cui mantenimento ha sottoposto al consenso del fratello, due luoghi
arativi e vignati, uno alle Late e l’altro al Camperdon." Sul
luogo a Camperdon, forse perchè non fu soggetto ad alienazioni, non
ho trovato accenno a tale obbligo, invece su quello
alle Late,
l'aggravio è riportato su diversi documenti, ogni qualvolta che il
terreno veniva diviso o venduto.
Fino al 1836 il terreno alle Late apparteneva a Romedio fu Vigilio
Mendini che in quell'anno lo permutava con i coniugi
Giovanni Battista e Teresa Inama,
specificando l'aggravio radicato sul terreno, ossia un livello
perpetuale di 10 Quarte di frumento, in favore della primissaria
di Dermulo .
Nel 1855 si trova notizia che i due
obbligati a fornire il pane, a tutti quelli che partecipavano alla
processione a Dermulo il primo giorno delle Rogazioni, erano
Giuseppe Mendini e
Giovanni Battista Inama, quali possessori del terreno
alle Late. Nel 1855 i sopraccitati Mendini e Inama erano
intenzionati a liberarsi dell’aggravio come avevano già fatto altre
persone per l’olio, pagando la
somma di 40:48 Fiorini. Tale offerta non fu però accettata in quanto
la contribuzione del pane era per disposizione testamentaria e non
per pagamento di affitti, inoltre l'anno successivo, il decano di Taio Zoanetti, scriveva
che la contribuzione di grano a carico di Giovanni Battista Inama e Giuseppe
Mendini, derivava da
disposizione testamentaria, la quale dopo alcuni anni si era
impiegata per
integrare la congrua del primissario, per cui non era suscettibile di
riduzione.
In un documento del 1867 si dice che antecedentemente al 1848, per un
legato di un ignoto benefattore di Dermulo, nelle solennità delle
Rogazioni era uso distribuire un’elemosina di pane, le così dette
tronde, per circa 10 Quarte di farina a tutti quelli che
partecipavano alla processione. Tale elemosina, a quel tempo, non si sapeva
a che titolo gravasse sul fondo alle Late (p.f. 649, 650 e 651) proprietà di Teresa vedova Inama,
per tre quarte parti, e per una quarta parte su altro fondo attiguo,
proprietà di Giuseppe Mendini (p.f.
647 e 648). Al tempo delle insinuazioni presso l’I.R. commissione per
l’esonero del suolo, non fu da questa riconosciuta come aggravio del
terreno e quindi non risultò affrancabile. Dopo il 1848-49 i proprietari del terreno, non essendo
sollecitati da qualcuno, smisero di effettuare tale elemosina per
cui si era passati alla stesura di un documento per regolarizzare il
debito.
Nell'atto, steso davanti al capocomune di Dermulo, Andrea Eccher,
al decano di Taio don Francesco Rosà e al capocomune di Taio
Giuseppe Reich,
Teresa vedova di Battista Inama, proprietaria di una
parte del fondo alle Late, si obbligava a pagare entro dieci anni alla primissaria di Dermulo
la somma di 60 Fiorini Austriaci. A garanzia ipotecava a favore del
fondo primissariale, il terreno arativo vignato e morarato a Dermulo,
nel luogo alle Late, ereditato nel 1836 dal marito Battista.
Nel 1872 venne regolarizzata anche la parte di terreno alle Late
appartenuto a Giuseppe Mendini. I suoi eredi Celeste, Luigi e Filippo
infatti, vendevano a Camillo di Giacomo Inama un loro terreno alle
Latte (p.f. 647 e 648) per l'importo di 35 Fiorini Austriaci. Nel
documento si specifica che 15 Fiorini
furono sborsati subito, e invece i rimanenti 20 Fiorini, fu
concordato che Camillo li versasse
al fondo primissariale. Quest'ultima somma si disse, essere dovuta dai Mendini per
togliere l’obbligo legato al fondo per la distribuzione del pane (tronde)
alle rogazioni, antico legato antecedente al 1848, di cui si era
perso il documento. Quindi il legato delle tronde, con la
corresponsione al fondo primissariale dei 60 Fiorini da parte di
Teresa Inama (3/4) e i 20 da parte di Camillo Inama (1/4)
fu considerato estinto.
Nel 1883 un documento esplicita che, siccome era "venuto a
mancare" il terreno alle Late, sul quale nel 1867 era stata
posta ipoteca in favore del fondo primissariale nel 1867 per il
debito di Teresa vedova di Battista Inama, da parte del suo erede
Camillo Inama veniva spostata l'assicurazione sulla
casa n. 14 e su
altri terreni alle Marzole (P.f. 295), al
Poc (P.f. 301, 302) e a
Cavauden. Il fondo
primissariale era rappresentato da don Celestino Rizzardi, dal
capocomune
Pietro fu Baldassarre Inama e dal
fabbriciere Giuseppe
Inama.
IL LEGATO PER IL SANTISSIMO
Il 16 agosto del 1900 moriva nubile a Dermulo Rosa Tamè figlia del fu Vittore. Rosa era nata nel 1825 e non era da confondere con l'omonima Rosa Tamè nata nel 1868, pure figlia di un Vittore che era convolata a nozze con Costante Tamè. Nel suo testamento olografo, redatto il 26 dicembre 1899, "lasciava alla Chiesa di Dermullo Fiorini 400/quattrocento/ pella illuminazione al S.Imo Sacramento, cosa che deve essere attivata nella Chiesa di Dermullo entro un anno dopo la sua morte, tale importo lo lasciava in denaro". La curia di Trento, alla quale era pervenuta detta notizia dall’ I.R. Luogotenenza di Innsbruck, poneva alcuni quesiti al decano di Taio in merito alla possibilità di ottemperare al legato. Tutto si risolse favorevolmente e, con lettera del 17 dicembre 1900, il vicario generale Francesco Oberaurer autorizzò la fabbriceria della chiesa di Dermulo ad accettare il legato “colla riserva però che non possa conservarsi il Santissimo Sacramento nella Chiesa di Dermullo quando non vi sia in paese un sacerdote stabile che celebri quotidianamente la S. Messa, e che attesa la insufficienza della rendita pel mantenimento del lume eterno ne venga limitata la conservazione a certi tempi determinati come sarebbero i giorni domenicali e festivi”.
[1] La tabella delle messe legatarie si trova nell'APta ed menzionata anche negli Atti visitali del 1825, per cui molto probabilmente era stata compilata non molti anni prima. Nel 1825 erano state rilevate 104 messe per il Legato Salà e 98 per altri legati privati. Quest'ultimo numero non corrisponde a quello apparente nel prospetto che ammonta a 105 messe.
[2] Pane di forma ovale, fatto con farina di grano, impastata con acqua, uova , burro, e lievitata. Le tronde venivano distribuite anche in occasione di funerali e non necessariamente l'obbligo era in perpetuo. Ad esempio Silvestro Inama nel suo testamento aveva disposto che fosse distribuita un tronda sulla porta di casa per ogni vicino che interveniva alla processione delle Rogazioni, ma solamente per lo spazio di due anni.
[3] Le rogazioni si tenevano al mattino presto nei tre giorni precedenti la festa dell'Ascensione, quindi nei giorni di lunedì, martedì e mercoledì, in quanto l'Ascensione si celebrava esclusivamente di giovedì. Nel 1710 Silvestro Inama incalzato dai visitatori vescovili, disse che non sa suggerire altro se non che "il giorno delle rogazioni venendo il parroco alla processione con altri sacerdoti, invece di dare il pranzo al solo parroco, bisogna darlo anche agli altri sacerdoti e perciò si fa istanza che invece che il pranzo al pievano, gli si dii una competente ricognizione in denaro ....". A seguito di tale osservazione, la commissione stabilì che, per la faccenda dei pranzi alle rogazioni, si dia solo il pranzo all'arciprete e 3 troni agli altri sacerdoti. Dall'urbario della chiesa all'anno 1767, viene specificata un'uscita di 2 Troni per due pranzi somministrati al sacrestano, uno in occasione delle rogazioni e l'altro per la messa Massenza. Nel 1863 il comune di Dermulo deliberava di far costruire a Vittore Tamè tre croci di legno di larice per le campagne per le rogazioni come già esistevano. Nel 1909 si dice che nel costruire il piazzale della nuova ferrovia era stata levata una croce, ma il comune esige che sia ripiantata entro il giorno di lunedi 17 maggio, giorno delle rogazioni. Dalle due precedenti notizie apprendiamo che nei tre giorni dedicati alle rogazioni, i fedeli si recavano in processione presso le tre croci presenti in prossimità del paese. Una di queste era localizzata nel luogo alla Cros, e una all'incrocio fra lo stradone di concorrenza e la strada che saliva al Maso Rauti. La terza croce metà delle rogazioni, ritengo sia stata quella detta di Rivalem. In questo modo le rogazioni coprivano simbolicamente il territorio di Dermulo a nord, al centro e a sud.