LE FAMIGLIE CORDINI


 

DOCUMENTI

 

 

LE ORIGINI

 

I Cordini erano una delle antiche famiglie viventi a Dermulo fin dalla metà del Quattrocento. Il loro paese di origine era Taio, dove agli inizi del Quattrocento è documentata la presenza del capostipite Cordino. Nonostante la famiglia fosse ben diramata, si estinse sul finire del Seicento a Dermulo e alla metà dell'Ottocento anche a Taio, lasciando comunque nella storia delle due comunità un importante segno. Il cognome originatosi dal capostipite Cordino, specialmente nei documenti del Cinquecento, non aveva una grafia stabile, e spesso appariva, anche come Coradini. Questa particolarità a volte ha creato confusione, al punto che, si avrebbe potuto pensare di trovarsi di fronte a due famiglie diverse. Tale eventualità però, si è  potuta scartare, confrontando i molti documenti a disposizione. Corradini e Cordini hanno un'etimologia diversa: il primo deriva dal diminutivo del nome Corrado, mentre il secondo, dal nome Accordino. Sul motivo per il quale i notai cinquecenteschi, principalmente il Gottardi e il Cristani di Rallo, avessero storpiato il cognome, posso ipotizzare che agli stessi sembrasse più ovvio scrivere Coradini, essendo tale cognome presente in quel di Rallo. Nel documento di estensione della carta di regola della comunità di Taio, redatto nel 1570, sono presenti tutti gli aventi diritto o i loro rappresentanti, fra i quali anche undici Cordini/Coradini. (Vedi la Tavola qui sotto) Chi ha studiato e pubblicato il documento sul libro "Taio nel XV e XVI Secolo - Vita di una comunità rurale", ha trascritto "Cordini" nel seguente modo: "Cor<a>dini", come se in origine, fosse stato "Coradini" e ritenendo quindi che il notaio avesse omesso la lettera "a". Il cognome però, sul documento originale appare per quattro individui Cordini e per altri sette Coradini. Tale evidenza, ancor di più in questo frangente, avrebbe potuto far sospettare di trovarsi al cospetto di due cognomi ben distinti, anche perchè "casualmente", delle quattro persone con cognome Cordini, tre avevano origini dermulane: Antonio e Filippo fu Simone e il maestro Bernardino; l'altra, Giovanni fu Giacomo, era invece di Taio. Ma viceversa, il Corradino fu Antonio Coradin era un nipote del maestro Bernardino Cordin, ed avrebbe quindi dovuto portare lo stesso cognome. La grafia del cognome quindi, oscillava tra una forma e l'altra addirittura all'interno dello stesso documento. Agli inizi del Seicento, nelle prime registrazioni anagrafiche della parrocchia di Taio, il cognome si era già stabilizzato nella forma originale Cordini, non apparendo mai come Coradini. E' interessante notare, come molti Cordini apparenti in quel periodo di Taio, fossero di origini dermulane, in conseguenza degli accasamenti avvenuti nel Cinquecento. A questi, nel Seicento, si era aggiunto un altro Cordini che da Dermulo si era trasferito a Taio, Tommaso figlio di Baldassarre.

 

Le vecchie case dei Cordini a Dermulo, sorgevano nella zona centrale del paese a poca distanza l'una dall'altra; la principale che rimase in mano alla famiglia fino alla fine del Seicento, fu quella denominata casa al Plazzol che era raccordata con un arco ad un'altra casa di minori dimensioni, ovvero la futura n. 24. Questa molto probabilmente ai primordi svolgeva una funzione di rustico, accessorio alla principale n. 23 e solo in un secondo tempo fu destinata ad abitazione. Nella piazza posta a nord della casa si tenevano, fin da tempo antico, le assemblee della regola della comunità di Dermulo. Ci si portava nella stua della stessa casa invece, quando le condizioni atmosferiche non permettevano di stare all'aperto. Quando nei documenti quindi, la casa era descritta come "luogo solito della regola", si intendeva sempre la casa al Plazzol.

I Cordini in seguito, visto l'aumentare dei membri della famiglia, costruirono un'altra casa nel loro terreno più a sud, riconosciuta già alla fine del Cinquecento come casa nova dei Cordini. Quest'ultima dimora nel 1569 diventò proprietà della famiglia Betta di Malgolo.
Da quanto emerso fin'ora, si può riconoscere il capostipite delle famiglie Cordini nella persona di Cordino, documentato a Taio nel 1429 e ancora vivente nel 1437. Nella pergamena dove è citato come testimone, si dice essere figlio del fu Otto. Da altri documenti si evince che Cordino aveva almeno quattro figli: Pietro, Francesco, Gaspare e Antonio. Quest’ultimo in particolare si trova menzionato molte volte, sia come confinante di terreni, sia come proprietario di beni immobili nel paese di Taio. Antonio Cordini si trova citato in un documento del 1446, nel quale assiste la nuora, una certa Margherita, nella vendita di un prato in Predaia. La notizia interessante è che la suddetta Margherita, si dice essere figlia e erede del fu Nicolò detto Barba Coo, a sua volta figlio del fu Delayto di Dermulo.
[1] Quindi Margherita, probabilmente l'ultima erede dei "Delaiti" di Dermulo, aveva sposato un figlio di Antonio Cordini che, anche se non esplicitamente citato, era Nicolò.
 

 

 

I DISCENDENTI DI GASPARE FIGLIO DI ANTONIO DI TAIO


Nei documenti cinquecenteschi sono spesso citati alcuni Cordini, riconosciuti come dermulani, il cui inquadramento all'interno della famiglia non è ascrivibile ai discendenti di Nicolò. Mi riferisco in particolare a personaggi quali Cordino, Bernardino, Bertoldo e Pietro, per i quali sono emerse notizie contrastanti o incomplete; ai quattro posso aggiungere anche il Bartolomeo, partecipante alla regola di Dermulo nel 1554, pure risultato incollocabile all'interno della linea Cordini di Dermulo. Cordino era sicuramente il padre di Bernardino, mentre quest'ultimo era uno zio dei due fratelli Bertoldo e Pietro. La parentela dei due fratelli con Bernardino è palesata in una lettera indirizzata ai Thun, e scritta nel 1567 dal notaio Filippo Cordini per conto di Bertoldo.

La ricostruzione genealogica di queste persone non è stata facile, ma dopo varie congetture e raffronti, sono arrivato a stabilire che tutte avevano uno stipite comune nella persona di Gaspare Cordini. Di Gaspare abbiamo alcune importanti testimonianze, che però, purtroppo, non sono univoche: due del 1475 lo descrivono come "Gaspare fu Antonio Cordini", mentre altre due del 1478, e del 1474, "Gaspare fu Cordino". Non necessariamente siamo di fronte a due persone diverse, in quanto Antonio potrebbe essere stato chiamato Cordino a mo' di soprannome. Ritengo comunque che Antonio si potesse realisticamente credere il padre di Gaspare, il quale però è sempre detto di Taio. In una citazione del 1532 riferita al figlio Cordino, sembrerebbe invece che Gaspare fosse pertinente di Dermulo. L'inciso in questione è il seguente: Cordino fu Gaspare Cordini di Dermulo abitante a Taio .[2] Teoricamente il primo Cordini a Dermulo fu Nicolò, arrivato in paese tramite il matrimonio con Margherita, per cui  Gaspare, per essere definito "di Dermulo", dovrebbe aver calcato le orme fraterne, forse prendendo in moglie una dermulana e acquisendo il diritto di vicinato. Ho valutato anche l'ipotesi che Gaspare si fosse trovato a Dermulo precedentemente a Nicolò, e quindi, non fosse imparentato in modo così stretto con Nicolò, ma la ritengo poco probabile. In un documento del 1534, ho invece riscontrato, quella che potrebbe essere la prova, della stretta parentela esistente tra Gaspare e Nicolò I. In tale atto il maestro Cordino figlio del fu Gaspare, vendeva agli Spaur di Castel Valer, un prato a Pramartinel, il qual prato, confinava tra l'altro con gli eredi del fu Nicolò Cordini. Da ciò possiamo intuire che il terreno inizialmente fosse stato un'unica entità, posseduta da Antonio I Cordini, il padre di Nicolò I e di Gaspare, e che poi fu suddiviso fra i figli e infine fra i nipoti.

Di Gaspare fu Antonio Cordini ci è nota l'esistenza di un solo figlio, il già citato "magister" Cordino che aveva quindi ricevuto il nome del nonno.

Il titolo "magister", contraddistingueva un artigiano che, in questo caso, ritengo potesse coincidere con un muratore; lo stesso titolo si trova declinato a suo figlio Bernardino. Cordino II aveva lasciato Dermulo per portarsi a Taio e poi abitare per un breve periodo a Castel Valer, (1529) dove immagino avesse collaborato con altri mastri muratori in qualche lavoro nel castello. In quegli anni potrebbe aver costruito la nuova casa dei Cordini a Dermulo, e chissà, forse anche aver contribuito al completamento del campanile della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo. Dalla moglie Agata ebbe almeno quattro figli: Bernardino, Giovanni, Antonio e Bartolomeo.

Bernardino fra i fratelli è il più documentato ma nonostante ciò, a causa di lacune e omissioni, si è creata una situazione per la quale sarebbe stato facile affermare che esistessero due persone di nome Bernardino, entrambi dimoranti a Taio, ma uno di loro con origini dermulane. Nel 1548 in un atto troviamo citato Bernardino Cordini di Taio, e subito dopo, cancellato con una riga, "di Dermulo abitante a Taio"; in un altro del 1549 si cita testimone "Bernardino Cordini di Dermulo abitante a Taio"; in un altro del medesimo anno la paternità è stata lasciata vuota, ma essendo poi seguita da “Coradinis de Hermulo abitantis Tayi”, si può intuire che il notaio non avesse compreso che il nome del padre di Bernardino, fosse effettivamente Cordino e quindi aveva scritto al plurale: “dei Cordini di Dermulo abitante a Taio”. In realtà come detto, Bernardino era un'unica persona, della quale a volte veniva ricordata l'origine dermulana del padre e del nonno. Bernardino era comunque rimasto legato a Dermulo dove veniva spesso richiesta la sua presenza in qualità di perito o tutore, specialmente in provvedimenti inerenti la famiglia Cordini. Lo troveremo anche come sotto specificato, quale attore di un appropriamento indebito nei confronti dei suoi nipoti. Già nel 1536, assieme al fratello Antonio, Bernardino veniva investito dai Thun, di un mulino sulla Roza di Taio e lo troviamo anche elencato come vicino di quella comunità, nella carta di regola del 1570. Viceversa, a Dermulo già nel 1554 non era citato fra i partecipanti alla regola, e ciò sta a significare che aveva perso lo status di vicino, o forse non l'aveva mai avuto, essendo stata una prerogativa del padre Cordino. Bernardino non sembra fosse sposato e infatti fu apostrofato dal nipote Bertoldo, "barba", ovvero "zio celibe", per cui non lasciò discendenza. Non posso escludere, sebbene a tutt'oggi l'unica prova esistente sia quella un po' labile dell'onomastica, che il nostro Bernardino si potesse identificare con il "Bernardino di Taio", al quale nel 1525 fu tagliata la lingua come punizione, per aver partecipato alla ribellione contro il vescovo Bernardo Clesio.

Giovanni risultava già morto nel 1534, di lui si sa che aveva un figlio di nome Alessandro di cui non si sono avute altre notizie.

Antonio si trova citato diverse volte e spesso assieme al fratello Bernardino; nel 1536 aveva ricevuto in locazione perpetuale da Giorgio Thun, un molino sulla Roza di Taio, per questo era soprannominato Molinar. Tale locazione fu rinnovata ai due fratelli nel 1559 per ulteriori 19 anni. Nella regola di Taio del 1570, Antonio e pure suo figlio Gasparino risultavano già defunti, per cui vi compariva per il primo, il figlio Corradino, e per il secondo la vedova Maria. Gaspare detto Gasparino, è documentato anche in un atto del 1558.

Fra i figli di Cordino II, Bartolomeo risulta il più incerto, e allo stesso tempo quello che con Dermulo aveva più legami. Come figlio di Cordino è documentato una sola volta, in una pergamena del 1553, conservata nell'archivio parrocchiale di Tres. Probabilmente aveva preso in moglie un'ereditiera della famiglia Vicenzi, per cui si era spostato a Dermulo, dove aveva acquisito il diritto di vicinato, apparendo perciò nella regola del 1554. Alcuni indizi, quali la sua estraneità con gli altri Cordini partecipanti alla regola, ed inoltre, la sua collocazione all'interno dell'elenco nella stessa regola che lo metteva in relazione con la casa dei Vicenzi, rafforzano tali ipotesi.[3] Inoltre, i rapporti con tale famiglia sono comprovati da una citazione del 1551, dove Bartolomeo risultava essere stato beneficiato da Vincenzo Vicenzi. Più tardi appaiono beneficiati del Vicenzi, i fratelli Pietro e Bertoldo Cordini di Dermulo, ovvero due dei personaggi che ho citato all'inizio di questa sezione e dei quali non riuscivo a trovare una giusta collocazione nella linea dermulana dei Cordini. Di Pietro non si hanno altre notizie se non che, già nel 1567, risultava defunto, mentre di Bertoldo, sappiamo che era sposato, aveva dei figli e abitava in un luogo sconosciuto distante da Dermulo 60 Miglia tedesche. La distanza che equivale a circa 450 chilometri, farebbe presumere che la dimora di Bertoldo si trovasse in Austria. Nello stesso documento del 1567, Bernardino Cordini risultava essere lo zio dei due fratelli dei quali la paternità non è mai apparsa nelle fonti. Essi avevano in paese due omonimi: Bertoldo figlio di Giovanni Cordini e Pietro figlio di Delaito Cordini, il che poteva far pensare, per rispettare l'assunto che Bertoldo e Pietro fossero fratelli, di trovarsi davanti ad un Pietro figlio di Giovanni, oppure a Bertoldo figlio di Dalaito, personaggi fino a quel momento sconosciuti. I due fratelli Pietro e Bertoldo invece, erano estranei alla discendenza di Giovanni e Delaito, ma viste le relazioni con i Vicenzi e con ulteriori ragionamenti che esporrò più sotto, ritengo fossero figli di Bartolomeo. A questa conclusione si arriva anche per esclusione, ossia scartando Bernardino che dei due era zio, come pure Giovanni che aveva un solo figlio di nome Alessandro. Antonio di cui sono noti solo due figli Corradino e Gasparino non poteva essere il padre anche di Bertoldo e Pietro, perchè nel 1567, essendo ancora in vita, non avrebbe permesso a Bernardino, che tra l'altro abitava assieme, di usurpare i diritti dei suoi figli. E' chiaro che il padre dei due doveva essere già defunto da parecchio tempo e che quindi, rispondeva al nome di Bartolomeo.  (Vedi Tav. 1)

 

 

NICOLO' IL PRIMO CORDINI A DERMULO

 

Nicolò si trasferì a Dermulo ed abitò nella casa degli avi della moglie Margherita, cioè la casa al Plazzol. Evidentemente, grazie al matrimonio, i Cordini acquisirono anche il diritto di vicinato a Dermulo, e infatti, troviamo Nicolò fra i presenti alla stesura della carta di regola del 1471. Nicolò appare anche in un documento del 1468, vertente questioni di confini fra le comunità di Dermulo e di Coredo, e nel 1472, quando, come rappresentante della comunità, dava in locazione alcuni terreni ad Antonio Inama. Nicolò probabilmente morì in quello stesso anno. Il documento del 1446 ci permette di approssimare la data del matrimonio di Nicolò e Margherita, poco prima di quell'anno, per cui gli sposi dovrebbero essere nati intorno al 1420. Dal matrimonio fra Nicolò e Margherita videro la luce almeno tre figli, Antonio, Giovanni e Delaito, nati nella seconda metà del Quattrocento e che diedero origine alle tre linee della famiglia Cordini di cui parleremo più sotto. In un documento del 1472 sono riportati come confinanti di terreno a Dermulo, in località Campolongo, gli eredi del fu Corradino. Sicuramente ci si riferiva alla famiglia Cordini che teoricamente aveva come stipite a Dermulo il citato Nicolò. Nel documento quindi Corradino stava per Nicolò, il quale, forse, era identificato con un nome/soprannome che si rifaceva al nonno Cordino. E' possibile anche che il Corradino suddetto, fosse invece di Taio, infatti nel Gafforio del 1510, appaiono i suoi probabili figli, Pietro e Salvatore come confinanti di un terreno al Campolongo.

 

 

 

I DISCENDENTI DI GIOVANNI

 

Di Giovanni, nato intorno al 1460, conosciamo tre figli: Corradino, Bertoldo e Cristoforo. I primi due lasciarono Dermulo verso la metà del Cinquecento e si trasferirono a Fondo, dando origine alle famiglie Cordin di quel paese che si estinsero nel Settecento.[4] Corradino assieme a suo cugino Simone I, nel 1567 aveva ricevuto dai conti Spaur l'affitto della decima di Fondo. Per tale affitto i due Cordini dovevano far pervenire a Castel Valer il giorno di San Martino, 13 Moggi di frumento, 17 di segale, 26 di avena, 5 di legumi, un vitello, sei capponi e tre carri di paglia. Corradino, dobbiamo arguire, era una persona nella quale la gente riponeva molta fiducia, infatti in diversi documenti molte persone apparivano sotto la sua tutela. Nel 1550 ad esempio, lo troviamo come curatore dei fratelli Vigilio e Antonio fu Giovanni Inama, nipoti di sua cognata. Nello stesso anno si occupò anche degli interessi della cugina di secondo grado, Anna Cordini, lasciata nella vedovanza da Antonio Pangrazzi.

Cristoforo invece visse a Dermulo dove sembra avesse preso in moglie una figlia di Vigilio Inama. Ciò si arguisce in quanto i figli di Vigilio Inama, risultavano in comunione dei beni con i figli di Cristoforo Cordini e per dare spiegazione a ciò, ci doveva essere una parentela fra le due famiglie. Un'altra prova di tale fatto la troviamo anche nel nome Vigilio, estraneo fino a quel momento ai Cordini, dato al figlio di Cristoforo, in omaggio al nonno materno. Dal matrimonio, oltre a Vigilio il primogenito, nacquero almeno altri due figli, Giovanni Antonio e Margherita. Cristoforo morì intorno al 1547 e il fratello Corradino fu nominato tutore dei nipoti che erano ancora in minore età. Cristoforo, non sappiamo a che titolo, aveva preso parte alla rivolta contadina del 1525 contro il principe vescovo Bernardo Clesio e per questo fu processato a Revò nel 1527 e condannato al carcere per qualche mese e al pagamento di una multa. Dobbiamo arguire che la sua partecipazione alla rivolta, fosse stata abbastanza marginale, altrimenti la pena sarebbe risultata ben più severa. Dopo gli anni Settanta del Cinquecento non ci sono giunte altre notizie di Vigilio e Giovanni Antonio, figli di Cristoforo, quindi non sappiamo se fossero sposati e se avessero avuto figli. Dobbiamo però in ogni caso convenire che a Dermulo la loro discendenza si estinse. Nel 1560 Vigilio risultava debitore di Giacomo fu Antonio de Tedeschis di Padergnone, capitano a Castel Valer, rappresentante il barone Odorico di Sporo e Valer, per la somma di 12 Ragnesi. Il debito era assicurato su un'arativa e stregliva a Dermulo nella località a Pedros e sulla sua casa di abitazione denominata "casa del Villi". L'anno successivo il debito risultava aumentato a 56 Ragnesi e i beni oggetto di assicurazione passarono in proprietà del capitano di Castel Valer che gli diede in locazione allo stesso Vigilio. Nel 1569 Vigilio vendeva a Giovanni fu Omnobono de Bertis de Cristinis di Tassullo, un prato sito a Dermulo al Gomer per 43 Ragnesi, in precedenza appartenuto a Martino Cordini. La sorella Margherita aveva sposato in prime nozze Antonio Chilovi di Taio, dal cui matrimonio era nata Marina. Margherita poi, rimasta vedova, si unì in matrimonio con Antonio fu Cristoforo Torresani di Campo Tassullo, abitante a Taio. In merito all'eredità lasciata da Antonio Chilovi, sorsero delle divergenze fra la vedova Margherita, assistita da Bernardino Cordini e i fratelli di Antonio, Filippo e Leonardo, e Vittore fu Valentino Chilovi. Inoltre c'erano da tutelare i diritti di Marina che alla morte del padre era ancora in minore età, per cui anche con l'intervento dello zio Vigilio Cordini, al patrigno Antonio Torresani fu imposto l'esborso a favore della ragazza, di 10 Ragnesi all'anno. Giovanni ed i suoi discendenti vissero nella casa al Plazzol, detta anche dei Cordini.

 

 

I DISCENDENTI DI DELAITO


Delaito figlio di Nicolò aveva ricevuto il nome del nonno materno ed è documentato per la prima volta nel 1528. Sei anni dopo, nel 1534, abbiamo una seconda testimonianza, in quanto citato come confinante di un prato a Pramartinel. Delaito abitò con la famiglia in una delle case di proprietà a Dermulo, e precisamente nella futura casa n. 24, che più tardi appartenne solo al figlio Giacomo e quindi al nipote Martino. In un documento del 1547, Delaito appariva come già defunto. Da quanto emerso dalle fonti documentarie, Delaito aveva avuto da sua moglie, che ci è rimasta del tutto sconosciuta, almeno due figli, Giacomo e Pietro.
Giacomo è citato la prima volta nel 1547, ed in questa occasione, apprendiamo che gli era stato nominato un curatore nella persona di Corradino Cordini, in quanto "mentecaptus". Giacomo che aveva sposato Caterina Pangrazzi di Campodenno, quando morì nel 1552, aveva diversi figli e tutti in minore età. Caterina due anni dopo, per il mantenimento della famiglia, fu costretta a vendere un terreno in Predaia, un arativo al Plantadiz e altri beni per un totale di 190 Ragnesi. In questa operazione fu supportata da Vigilio Cordini, che era stato nominato tutore dei figli, da Simone Cordini, Rigolo Inama e da Pangrazio e Antonio, fratelli della stessa Caterina che testimoniarono l’effettiva necessità di tale alienazione. Gli unici figli di cui ci sono pervenuti i nomi sono Martino e Gervasio. Martino si ritrova ufficialmente la prima volta nel 1554, ma le sue successive apparizioni nei documenti saranno innumerevoli, spesso come testimone, ma anche come estimatore di beni, e proseguiranno fino al 1595, a ridosso della sua morte. Nel 1554 quando era ancora in età pupillare, fu beneficiato nel testamento dello zio Pietro. Quest'ultimo, non avendo avuto figli maschi, aveva disposto che una somma pari a ben 400 Ragnesi, dovesse essere assegnata al nipote Martino. In luogo dei 400 Ragnesi, Anna figlia del fu Pietro Cordini, assegnò a Martino, metà della "Casa nova dei Cordini" del valore di 300 Ragnesi e per i restanti 100 Ragnesi, metà del prato a Rizagn, metà della stregliva in Piano, metà della stregliva a Somager e metà di un campo a Santa Giustina. Qualche anno dopo, Anna vendette a Martino anche la sua metà della casa e lo stesso Martino la alienò nel 1569, assieme ad altri terreni, a Pantaleone Betta di Malgolo. Il Betta poi, nel 1569 gliela ridiede in locazione, aggregando come conduttore anche Gervasio, fratello di Martino.
[5] Questa è l'unica volta in cui compare Gervasio, il che, se non impossibile, risulta un po' strano, per cui la lettura del documento originale, potrebbe sicuramente dipanare i dubbi. E' vero anche che il nome Gervasio, era sicuramente presente nell'onomastica della famiglia Pangrazzi, da cui proveniva la madre Caterina, ma alcuni indizi, fra i quali il silenzio documentale nei suoi confronti e la dichiarazione fatta da Caterina dopo la morte del marito Giacomo, asserente che in famiglia c'era solo un uomo (che era Martino), portano a pensare ad una errata lettura del documento. Nel 1565 Martino alienò alcuni terreni a Nicolò Berti detto "Cristini" di Tassullo, e qualche anno dopo stipulò delle permute con il fratello di Nicolò, Giovanni fu Omnobono de Berti, riguardanti i prati al Gomer e ai Visenzi. Nel 1572 Martino risultava debitore nei confronti di Francesco Henigler di Terzolas per la somma di 27 Ragnesi, assicurata su una terra stregliva al Plantadiz. Dal 1577 al 1586 Martino ebbe in locazione dai Thun, la riscossione della decima raccolta nel territorio di Dermulo, e per qualche anno, anche il luogo alla Clesura. Nel 1581 vendeva a Pantaleone Betta un arativo alle Fasse, forse per un regolamento di conti riguardante l'affitto del maso. Il contratto di affitto del maso, probabilmente aveva una durata di dieci anni, e quindi dal 1569 al 1579, Martino dovrebbe aver vissuto nella casa nova dei Cordini. Forse il contratto gli fu prorogato per altri dieci anni, ma questo non è dato a sapere. In ogni caso gli ultimi anni della sua vita, Martino li passò nella casa paterna. L'ultima sua apparizione nei documenti è dell'anno 1595, nei registri di Castel Bragher. E’ plausibile che Martino sia morto poco dopo, e infatti nel 1608 è mezionata “la casa che fu di Martin Cordino”, in quanto confinante con un terreno posto nelle sue vicinanze. Martino probabilmente non era ammogliato, e se invece lo fosse stato, non lasciò figli che raggiunsero l'età adulta. Di alcuni suoi beni, sicuramente aveva beneficiato i discendenti della linea di Antonio Cordini, in particolare Nicolò III e altri invece pervennero a Gabriele Barbi di Coredo (il tristemente noto assessore delle valli che culminò la sua vita uccidendo la moglie incinta e prossima al parto, oltre che essere stato l'inquisitore nel processo alle streghe negli anni dal 1612 al 1615).

Pietro, l’altro figlio di Delaito, era sposato con una certa Lucia che gli aveva dato due figlie di nome Anna e Barbara. Quest'ultima si trova nominata solo una volta, nel 1558, quando si disse che le era stata corrisposta una dote di 300 Ragnesi. Nulla sappiamo circa il destino di Barbara, se non che, quasi sicuramente aveva preso marito fuori paese. Anna invece, assieme al marito Antonio Pangrazzi originario di Campodenno, abitava a Dermulo nella casa che sarà poi dei Betta. Pietro morì intorno al 1550 e nel suo testamento aveva dato disposizione che i suoi eredi dovessero corrispondere la somma di 400 Ragnesi al nipote Martino Cordini. Probabilmente Pietro aveva beneficiato il nipote Martino, in quanto unico discendente maschio a lui più prossimo. Nel 1554 Anna assieme al marito Antonio Pangrazzi, volle dar seguito alle volontà paterne e quindi cedette a Martino, alla presenza di  Caterina, madre di quest'ultimo, i beni già sopra citati. Sempre nel 1554, Anna che asserì di non avere una casa abitabile, comperò e in parte permutò con Giacoma, vedova del notaio Vittore Inama, una parte di casa Inama posta sopra la via a Dermulo. Anna corrispose a Giacoma la somma di 25 Ragnesi ed inoltre le assegnò due terreni a Taio in località ai Canevari e a Ranzon, una stregliva a Dermulo nella località a Poz, e un affitto di 2 stari di siligine presso gli eredi di Giacomo Ziller di Seio. I terreni a Taio erano confinati da altri Cordini, anche di Dermulo, per cui anche da questo, si intuiscono gli stretti rapporti che esistevano fra i Cordini delle due comunità. Riguardo al motivo per cui Anna dichiarò di non avere una casa abitabile, si possono solo fare delle ipotesi. Non credo che l'inabilità fosse dovuta a qualche problema strutturale della casa paterna, ma bensì alla sua non disponibilità nel possederla. Infatti nel 1555, Anna si trovò in difficoltà per via di debiti accumulati ancora dal padre Pietro, per cui prese a prestito 36 Ragnesi da Cristoforo Inama di Fondo che assicurava su un terreno al Plantadiz. Alla morte del marito Antonio Pangrazzi, avvenuta intorno al 1558, Anna si risposò con Domenico Todesch di Padergnone, figlio di Giacomo capitano a Castel Valer. Alla fine del 1558 Floriano Inama, a nome del padre Cristoforo, esponeva che in due occasioni erano stati concessi ad Anna dei prestiti, per un ammontare di 73 Ragnesi, ma che Anna non stava rispettando i patti per la loro restituzione. Nel frattempo, Lucia madre di Anna e vedova di Pietro, si era unita in seconde nozze con Bartolomeo Pangrazzi, figlio del fu Gervasio di Campodenno, abitante a Pressano. Poco dopo Lucia passò a miglior vita e, a causa dell’eredità lasciata da Pietro Cordini, nel 1558 si aprì un contenzioso fra Bartolomeo Pangrazzi e Giacomo Todesch, rappresentante della nuora Anna.

Quindi anche la discendenza di Delaito, come quella del fratello Giovanni, a Dermulo si arrestò. Come visto, i possessi di questa linea finirono ad altri Cordini di Dermulo o ai Betta di Malgolo che incorporarono molti beni che furono di Pietro in un "maso". Il maso fu dato in locazione per diversi anni, anche dopo il passaggio dai Betta ai Gentili e da questi ai Widmann. Infine negli anni Quaranta del Novecento fu messo in vendita.

 

 

 

 

ANTONIO E LA SUA DISCENDENZA

 

Antonio nato a Dermulo intorno al 1450, era il figlio maggiore di Nicolò I. Egli aveva ricevuto il nome del nonno paterno e lo troviamo citato per la prima volta nel 1503, in qualità di rappresentante della comunità di Dermulo nel contratto per la costruzione del campanile della chiesa di San Giacomo. In tale atto è definito "figlio del fu Nicolò Cordini di Taio, abitante a Dermulo". Di Antonio non conosciamo il nome della moglie ma solo quello di due figli, Simone e Nicolò, stipiti delle due linee dermulane dei Cordini, viventi ancora nel Seicento. Antonio appare un'altra volta nel 1510 come confinante di un terreno a Dermulo nel luogo alla Preda, e nel 1534, senza essere direttamente citato, risultava già defunto. Nei prossimi due paragrafi prendiamo in considerazione la discendenza dei due figli di Antonio, Simone e Nicolò.

 

 

SIMONE I FIGLIO DI ANTONIO

 

Simone, documentato nel 1550, visse a Dermulo nella casa dei Cordini al Plazzol. In seguito, però, si trasferì a Taio dove fu accolto come vicino e dove lo troviamo accasato almeno dal 1561. Non sono in grado di dire il motivo per il quale Simone si fosse trasferito a Taio, ma posso ipotizzare, un matrimonio con una donna di quella villa, l'esercizio di qualche professione, o ancora, per aver ereditato una casa da qualche membro della famiglia. La moglie di Simone, di cui non conosciamo il nome, gli diede due figli maschi di nome Filippo e Antonio. Il primo aveva intrapreso la carriera notarile e in tale veste lo troviamo già menzionato nel 1548. Nel 1561, a Taio nella stua della casa paterna, Filippo rogava un documento di costituzione di affitto, nel quale compariva pure lo stesso Simone, padre di Filippo, in qualità di testimone. Nel 1563 Filippo vendeva un prato detto prato di Vicenzi a Romedio fu Michele Inama di Coredo e nel 1568 lo troviamo come testimone in un documento rogato a Castel Caldes. Credo avesse abitato per poco tempo a Dermulo, e pure a Taio, nonostante fosse in possesso del diritto di vicinato. Sappiamo che nel 1563 già risiedeva a Denno e, per tale motivo, mi sento di poter affermare che l'Antonio Cordini ivi residente, e già morto nel 1676, fosse un suo discendente. Filippo redasse dei documenti relativi a compravendite effettuate dai conti di Castel Thun, nel cui archivio sono oggi conservati. L'ultima sua citazione è nella carta di regola di Taio del 1570, dove era rappresentato dal fratello Antonio.

Antonio (III) l'altro figlio di Simone I, visse a Taio nella casa del padre. Da un documento del 1567 apprendiamo che aveva sposato Caterina figlia di Antonio Josi di Tassullo. In questo contesto, Caterina vendeva a Federico Pilati di Tassullo, diversi beni provenienti dall'eredità paterna. Oltre a quella appena menzionata, l'unica apparizione di Antonio è nella già citata carta di regola del 1570, dove rappresentava anche il fratello Filippo. Da Antonio, benchè manchi la prova documentale, ritengo discenda quel Simone (III) morto a Taio nel 1623 che aveva preso in moglie Maddalena figlia di Ercole Inama di Dermulo. Le due figlie di Ercole Inama, cioè la predetta Maddalena e Margherita moglie di Giacomo Chilovi, ereditarono l'ingente patrimonio del padre Ercole e del fratello don Gaspare che fu pievano di Fassa. Da Simone discesero due figli di nome Simone (IV) e Ercole. Simone IV dalla consorte di nome Eufemia, ebbe almeno quattro figli: Geronima, Pietro, Antonio e Maddalena. Forse da Pietro discese il don Pietro che fu cappellano beneficiato a Dermulo dal 1678 al 1711. Ercole generò altrettanti figli con la moglie Margherita Arnoldi che ci interessano particolarmente, in quanto ebbero ancora relazioni con Dermulo. Nel 1647 nasceva infatti Giovanni Francesco che abbraccerà la vita religiosa e sarà per un certo periodo primissario a Dermulo. Nel 1716 il sacerdote presenziò alla stesura di un atto a Dermulo, nella casa di Giovani Giacomo Inama. L'anno seguente passò a miglior vita. Ludovica sorella di Giovanni Francesco, era nata a Taio nel 1638 e si era unita in matrimonio con Giovanni Emer di Dermulo nel 1668. Antonia altra sorella, sposava un certo Giuseppe Manai (?) di Ghirlano. La discendenza a Taio fu quindi garantita solo dal fratello Gaspare. Quest'ultimo dalla moglie Clara Busetti di Taio ebbe tre figli maschi: Giacomo Michele, Francesco ed Ercole. Gli ultimi due nel 1717 erano residenti a Vienna, ma non sono a conoscenza del motivo di tale permanenza. Dopo la morte di don Francesco, avvenuta nel 1717, non avendo egli lasciato nessun testamento, si aprì un contenzioso fra i suoi eredi. In un primo momento l'eredità era stata attribuita ai tre figli del fu Gaspare Cordini, fratello del sacerdote, ma poi Ludovica, moglie di Giovanni Emer e sorella di don Francesco, ritenendosi torteggiata avanzò delle pretese. Per cui tramite stima di Bartolomeo Fuganti, eletto di comune accordo dalle parti, fu stabilito che i figli del fu Gaspare dovessero corrispondere a Ludovica la somma di 280 Ragnesi. Si decise che se si fosse presentata anche Antonia, altra sorella del religioso, avrebbero corrisposto quanto dovutole.

 

 

 

NICOLO' II FIGLIO DI ANTONIO

 

Nicolò II, figlio di Antonio, appare la prima volta nell'assemblea della regola di Dermulo nel 1554, anche a nome del fratello Simone, proprietario della casa al Plazzol, di Vigilio Cordini e dei fratelli Corradino e Bertoldo Cordini abitanti a Fondo. Nicolò prese possesso di tutta la casa al Plazzol dove abitò con la moglie e i tre figli Baldassarre, Ursula e Antonio, dopo che il fratello Simone si traferì a Taio. Nicolò II, lo incontriamo ancora diverse volte dal 1554 al 1555 come testimone in atti notarili, come attinente e come proprietario della casa dove venivano redatti documenti. L'ultima sua apparizione è del 1559 e nel 1561 risultava essere già morto, quando infatti il figlio Baldassarre figurava proprietario della casa dei Cordini.

La figlia Ursula prese marito nella persona del muratore Gottardo Gottardi di Taio. Antonio IV invece, sposò Marina Jos di Tassullo, la cui sorella Caterina aveva maritato l'omonimo cugino, Antonio III Cordini, figlio di Simone. Conseguentemente al matrimonio, Antonio si trasferì a Tassullo nella casa della moglie, e insieme al cugino, che invece viveva a Taio, venne in possesso dell'ingente patrimonio del suocero Antonio Jos, uno degli ultimi rappresentanti di quella potente famiglia.[6] Dal matrimonio di Antonio e Marina nacquero due femmine, Agnese e Caterina che divenute adulte convolarono a nozze, rispettivamente con Giuseppe Rizzardi di Coredo e con Odorico Chini di Segno. Antonio, che dopo il suo trasferimento  a Tassullo era stato soprannominato "Jos", morì intorno al 1595, seguito poco dopo dalla moglie Marina. Sembra che l'eredità dei coniugi Cordini fosse pervenuta interamente alla figlia Agnese, se poi quest'ultima, forse per un ricorso al testamento dovette cedere nel 1597, la sua metà dei beni ereditati, costituiti da casa, orto, arativi e vignati, alla sorella Caterina.

Baldassarre, l'altro figlio di Nicolò II, si ritrova nei documenti a partire dal 1554. Nel 1555 compare assieme a suo padre in qualità di attinente di Anna Cordini, e ciò vuol dire che aveva già raggiunto l'età adulta e quindi potrebbe essere nato intorno al 1530, ma probabilmente anche prima. In tale occasione i due dovevano esprimersi sulla effettiva necessità di Anna, di prendere a prestito una somma.[7] Nel 1561 vendeva un arativo nelle pertinenze di Dermulo alla Stregla Longa a Floriano figlio di Cristoforo Filippo Inama di Fondo. Baldassarre che morì poco prima del 1596, ebbe due figli di nome Nicolò III e Tommaso. Quest'ultimo, come altri Cordini di Dermulo, si trasferì a Taio, dove dalla moglie Francesca ebbe un figlio che ricevette il nome del nonno Baldassarre. Di Baldassarre conosciamo tre figli, Giovanni (n.1618), Francesca (n.1620) e Lorenzo (n.1624). Di Lorenzo e Francesca non sono trapelate altre notizie, mentre di Giovanni, sappiamo che prenderà in moglie Antonia Bertoldi di Taio e che svolgeva la professione di sarto e calzolaio. Dal matrimonio videro la luce almeno cinque figli, Nicolò, Baldassarre, Giacomo, Rocco e Maddalena. Nicolò si sposerà per ben tre volte, la prima nel 1690 con Margherita Chilovi, la seconda nel 1700 con Caterina Corradini e l’ultima nel 1710 con una certa Elisabetta di Tavon di cui non conosciamo il cognome. Anche il fratello Baldassarre III, rimasto vedovo di Marina Lucchi di Vion, con la quale si era congiunto nel 1688, si risposò nuovamente nel 1720 con Maria figlia del fu Tommaso Massenza di Dermulo. Giuseppe Massenza, fratello di Maria, le corrispose per l'occasione la somma di 95 Ragnesi a titolo di dote. Dai due fratelli Nicolò IV e Baldassarre III, discesero altre famiglie Cordini che vissero a Taio e che non sono state indagate nel presente lavoro. (Vedi Tav. 2)

 

 

 

NICOLO' III FIGLIO DI BALDASSARE I E LA SUA DICENDENZA A DERMULO

 

Nicolò fratello di Tommaso, invece abitò a Dermulo nella casa avita che fu del padre Baldassarre I e del nonno Nicolò II. (Vedi Tav. 3) La sua prima apparizione ufficiale è in un documento del 1591, dal quale si evince che ricopriva la carica di Regolano della Comunità di Dermulo. Nel 1596 risulta debitore degli eredi di Francesco Henigler di Terzolas, di due capitali di 35 Ragnesi e 84 Ragnesi. Da alcuni atti notarili di Antonio Inama di Coredo rogati nel 1608, traspare che Nicolò si occupava della lavorazione e della vendita del cuoio, e nello svolgimento di tale attività, si era trovato nella situazione di essere creditore di varie persone. Ad esempio i fratelli Giovanni Antonio e Giulio Widmann di Coredo, dovevano corrispondere a Nicolò la somma di 31 Ragnesi. In luogo di tale importo però gli cedettero i diritti su un credito che i Widmann avevano nei confronti degli eredi di Fabiano Massenza di Dermulo. Nel medesimo anno Gabriele Barbi di Coredo, vendeva a Nicolò un terreno nel luogo "ai Cordini" per 32 Ragnesi. La somma però non fu corrisposta da Nicolò, che invece cedeva al Barbi il diritto di riscuotere alcuni crediti da Nicolò Melchiori e Michele Widmann di Coredo. Nicolò ereditò da Martino Cordini, la futura casa n. 24, la quale nel 1608 si trovava in precarie condizioni, al punto da essere definita murozia, cioè ammasso di muri diroccati. Se Nicolò era dedito alla lavorazione e al commercio del cuoio è molto probabile che tale attività fosse svolta anche dal padre Baldassarre e forse anche dal nonno Nicolò, al punto da essere forse stata una tradizione familiare molto antica, ma di ciò fino ad oggi non abbiamo nessuna prova.

Nicolò III che morì a Dermulo nel 1629, aveva preso in moglie una tale Maddalena, dalla quale nacquero almeno due figlie, Agata e Antonia ed un maschio di nome Baldassarre. Agata appare solo una volta come madrina, mentre Antonia prenderà marito un tale Chilovi di Taio. Baldassarre IV aveva preso in prestito dall'eremita di Santa Giustina, Giovanni Giacomo Etterharter, una somma di 100 Ragnesi, di qual somma poi l'eremita beneficiò la chiesa di San Giacomo e quella di Santa Giustina. Per tale lascito, l'eremita dispose che si dovessero celebrare 9 messe annue perpetue in suo suffragio. Baldassarre IV ebbe una famiglia molto numerosa, infatti la moglie Antonia Panizza, figlia di Stefano di Taio, mise alla luce almeno sei figli che arrivarono all'età adulta: Stefano Carlo, Giovanni Antonio, Nicolò, Simone, Maddalena ed Elisabetta. Baldassarre passò a miglior vita nel 1636, solamente sette anni più tardi del padre Nicolò. La sua morte diede inizio ad un contenzioso che vide protagonisti, oltre ai suoi figli, anche i cognati, figli di Stefano Panizza di Taio. Pietro fu Stefano Panizza divenne cessionario ed erede del fu Baldassarre Cordini e in tale veste si ritrova in alcuni documenti inerenti la riscossione di vari crediti. Le due figlie di Baldassarre IV, Maddalena ed Elisabetta, sposarono rispettivamente Giovanni Antonio Bergamo di Taio e Francesco Arnoldi di Nanno. Fra i figli di Maddalena, uno aveva ricevuto il nome del nonno materno, Baldassarre, il quale sarà il capostipite di una famiglia di notai Bergamo, molto attiva a Taio e circondario.

Di Stefano Carlo non conosciamo la data di nascita perchè non appare nei registri parrocchiali di Taio, per cui potrebbe essere nato in un altro luogo, oppure, siccome le registrazioni iniziano dal 1616, nato antecedentemente a queste. La sua prima apparizione è in qualità di confinante di un terreno presso la casa Cordini nel 1662. Nel 1672 il suo nome è preceduto dal titolo Illustrissimus Dominus che lo fa collocare fra le persone letterate di una certa importanza, plausibilmente un religioso. Nel 1683 mediante un atto di donazione corrispondeva tutti i suoi averi nel paese di Dermulo, al fabbroferraio Matteo Bertolasi di Cles, marito della nipote Antonia. Già dal 1684 risiedeva in Stiria, precisamente a Graz, dove lo troviamo documentato anche nel 1690. In quell'anno Stefano Carlo fece dono a Matteo Bertolasi, della porzione di casa, pervenutagli dall'eredità del fratello Giovanni Antonio.

Giovanni Antonio era nato nel 1630, ma nel 1650 circa aveva lasciato Dermulo non facendovi più ritorno. Il motivo di tale allontanamento è un mistero, ma la cosa ancora più strana, è che la stessa sorte era toccata al fratello Nicolò. Nel 1690 fu dichiarato morto e la sua parte di eredità fu suddivisa fra i fratelli o i loro eredi. In particolare a Francesco Arnoldi di Nanno, vedovo di Elisabetta Cordini, fu assegnato un revolto terreno nella casa Cordini; a Simone Cordini, la cucina con il piccolo avvolto, una camera presso il ponte e la camera di legno; a Matteo Bertolasi che evidentemente era già vedovo di Antonia Cordini, ed interveniva a nome di sua figlia Maria e come donatario del cognato Stefano Carlo Cordini, metà della stua, da dividersi con Lodovico Bombarda, con avvolto e il portico con la corte; infine all'altra sorella Maddalena, una somma di 24 Ragnesi che le avrebbero dovuto corrispondere gli altri fratelli, o i loro eredi, a titolo di dote paterna. Nel 1684 Matteo Bertolasi vendette una parte di casa ad Antonio Mendini.

Nicolò V nato nel 1621, forse il figlio maggiore di Baldassarre, sposò Marina figlia di Giovanni Domenico Sartori di Nanno, dalla quale ebbe almeno due figlie, Elisabetta e Antonia. Le due ragazze avevano preso come marito rispettivamente Ludovico Bombarda di Coredo e Matteo Bertolasi di Cles. Anche Nicolò, come il fratello Giovanni Antonio, si allontanò dal paese e non vi fece più ritorno, tanto da essere stato dichiarato morto. In alcuni documenti del 1661e 1662, citando Marina, si dice chiaramente che era vedova del fu Nicolò, ma da altri atti successivi, invece, si afferma che Nicolò, almeno teoricamente era ancora in vita. Forse i due fratelli erano partiti assieme per qualche viaggio d'affari, relativo al commercio del cuoio, e poi erano morti in qualche tragica circostanza. Oppure, la loro sparizione non era da ricollegarsi alla loro attività, ma al fatto che forse erano stati arruolati in qualche esercito.[8] Nel 1662 Matteo Panizza a nome del padre Pietro, venne in possesso di un terreno che fino a quel momento apparteneva a Nicolò Cordini. Il caniparo, così era chiamato tale terreno perchè destinato alla coltivazione della canapa, era da individuarsi nella zona più a nord della località agli Orti, nell'area dell'odierno parco giochi. Nel 1662, alla presenza del curatore Carlo Conci, furono pignorati diversi beni di Nicolò, "assente dalla patria", per far fronte ad un debito di oltre 400 Ragnesi che aveva contratto con il notaio Matteo Dusetti di Cavareno. I beni pignorati erano: un bosco a Cambiel, un'arativa vignata con alberi a Plantadiz, una sorte di pini a Rizzol, nelle pertinenze di Coredo, un prato detto al Capitello nella villa di Dermulo, un orto detto l’orto dei Cordini, giacente sotto la via comune, un'arativa vignata a Campolongo, un credito di 40 Ragnesi presso Antonio Inama notaio di Coredo, un prato a Pramartinello ed infine una porzione di casa a Dermulo, detta la casa del Storn, stimata da Cipriano Inama e Silvestro Inama. A Pietro Panizza per le sue incombenze fu assegnato un bosco a Cambiel. Riguardo alla casa del Storn, ossia "casa del sordo", ritengo fosse la futura casa 24, in quanto era stata acquisita ancora dal nonno Nicolò III, erede di Martino Cordini. E' facile pensare che gli eredi di Nicolò, costretti ad alienare una delle loro case, avessero scelto quella dove non vi abitavano e quella dal minor valore affettivo. Nicolò con la famiglia abitava nella casa al Plazzol, così come suo fratello Simone. Riguardo al soprannome Storn, era probabilmente riferito a Martino Cordini, o più probabilmente al padre Giacomo.

Simone II altro figlio di Baldassarre, nacque nel 1622 e nel 1645 convolò a nozze con Maddalena figlia di Bartolomeo Pollini di Sanzeno. Simone si trova menzionato nei documenti in diverse occasioni, come testimone ed estimatore di terreni. Ricoprì anche per più volte la carica di Regolano della Comunità di Dermulo. La moglie Maddalena, tra il 1650 e il 1652, mise alla luce due figli, ma nessuno di loro arrivò all’età adulta. Maddalena nel 1672 donava ad Antonia, figlia di Giovanni Antonio Magnani di Coredo, la somma di 100 Ragnesi, da pagarsi dopo la sua dipartita, ed assicurata su un suo terreno dotale a Dermulo, nel luogo al Plantadiz. Qualche mese dopo aggiunse alla sopraddetta somma altri 50 Ragnesi. Nel 1676 moriva la futura beneficiata Antonia, pertanto Maddalena la sostituiva con Marina, moglie di Giovanni Antonio Magnani e quindi madre di Antonia. Non è ben chiaro quale rapporto di parentela ci fosse fra Maddalena e Marina, ma presumo fossero sorelle. Simone nel 1662 era intervenuto anche in favore dei suoi due fratelli Nicolò e Giovanni Antonio, cercando di pagare dei debiti, ma a causa dell'elevato loro ammontare, non fu in grado di accontentare i creditori. Nel 1677 Simone redigeva testamento, mediante il quale lasciava al parroco di Taio, un prato a Pramartinel; alle sorelle Maddalena ed Elisabetta, un terreno al Plantadiz, e per il rimanente eleggeva eredi universali, il nipote Vittore figlio del fu Giovanni Antonio Bergamo e l'altro nipote Nicolò, figlio di Francesco Arnoldi di Nanno. Nel 1678 vendette un terreno alla Cros a Giacomo figlio di Silvestro Inama. Nel 1690 acquisì una parte di casa che fu del fratello Giovanni Antonio e nel 1693 cedette ad Antonio Mendini un avvolto in detta casa. Simone nel 1687 alienò ad Antonio Mendini anche un terreno a Campolongo, per cui il Mendini si era accollato dei capitali presi a prestito da Simone dalla chiesa di Dermulo. Simone, l’ultimo rappresentante della famiglia Cordini a Dermulo, e già vedovo da due anni, passò a miglior vita nel 1693.

Con lui finiva la storia secolare di questa famiglia che a Dermulo seppe espandere i suoi possessi, costruire una casa, e ad avere fra i suoi membri un notaio e perfino un ribelle.

 

 


[1] Il soprannome significa "zio Nicolò" derivando da "barba", ossia zio e Coo (o Cou), abbreviazione di Nicolò. Il soprannome si è poi trasformato nel cognome Barbacovi.

[2] Se si fa il parallelo con altre citazioni simili, quale per esempio "Romedio fu Michele Inama di Dermulo abitante a Coredo", si capisce che il “di Dermulo” non era riferito a Romedio, già nato e dimorante a Coredo, ma al padre Michele. Altro esempio, per rimanere nella famiglia Cordini, si trova nel 1503, nel documento relativo alla costruzione del campanile di Dermulo, dove appariva "Antonio fu Nicolò Cordini di Taio abitante a Dermulo", e il "di Taio" era riferito a Nicolò.

[3] Ho scoperto che i partecipanti alla regola del 1554 e anche a  quella del 1472, apparivano nell'elenco seguendo un ordine da ricondursi alla casa posseduta o abitata.

[4] Nella seconda metà del Settecento Francesco Cordin “pistore e molinaro” di Fondo comperava da un certo Berti una casa con due molini a Lavis. V. Albino Casetti Storia di Lavis Giurisdizione di Königsberg-Montereale pag. 138

[5] Cfr. Quintilio Perini - “Le famiglie nobili trentine. La famiglia Betta di Arco. Revò e Castel Malgolo” in Atti dell’ i.r. Accademia di scienze, lettere e arti degli Agiati in Rovereto, S.3, vol 9, fasc. 3/4 (1903) pag. 223.

[6] Gli Josi erano i discendenti di ser Corrado di Tassullo, figlio naturale di Corrado Thun. Vedi "La Val di Non e i suoi misteri" Volume I - Parte terza - Capitolo quarto di Paolo Odorizzi.

[7] La legge prevedeva che, se chi stipulava il contratto fosse stata una donna, questa dovesse appoggiarsi alle dichiarazioni di quattro uomini suoi parenti, i quali dovevano dichiarare l'utilità dell'atto.

[8] Nello stesso periodo risultava assente e di ignota dimora anche Giovanni Battista Inama di Dermulo.