Nell'archivio decanale, si trovano alcuni
documenti riguardanti l'obbligo in capo ad alcune persone, di fornire olio di
oliva alla chiesa dei Santi Filippo e Giacomo.
L'olio serviva per alimentare la lampade della chiesa e più
particolarmente, quando fu introdotto, quella del Santissimo Sacramento.
Un primo accenno di contribuzione in olio, lo si ritrova in un documento del
1482, quando l'allora sindaco della chiesa Vincenzo Zattoni, dava in locazione
un terreno ad Antonio Inama, il quale doveva corrispondere un canone di due
minali e mezza oncia di olio d'oliva. In questo caso però, a differenza delle
contribuzioni successive non si trattava di una prestazione perpetuale.
Dopo moltissimi anni, nel 1618, nell'inventario dei beni
della chiesa di Dermulo, stilato dal notaio Pietro Panizza, si dice che Floriano Inama di Fondo, era
obbligato a fornire perpetuamente 6 mosse [1]
di olio alla chiesa. Si aggiunge, che tale
onere era assicurato su un arativa e vignata al
Marzol.[2]
Non sappiamo il motivo
per il quale questo onere fu istituito, si può forse presumere che derivasse da
una disposizione testamentaria. Non conoscendo neppure quando fu fondato, non
possiamo nemmeno azzardare un'ipotesi sull'autore. Negli
anni successivi, dopo un silenzio documentale di quasi un secolo, apprendiamo
che la contribuzione non era più totalmente a carico della
famiglia Inama di Fondo, ma anche in questo caso, per motivi sconosciuti era transitata
ad altre persone. Sul motivo di questo passaggio, posso ipotizzare che in qualche
modo gli Inama di Fondo, avessero beneficiato la chiesa di Dermulo e, per
contropartita, avessero ottenuto lo sgravio per la metà dell'onere (3 mosse).
Infatti, le altre 3 mosse andarono a gravare un terreno a Sass, uno al
Bertus e uno alle Voltoline. Da un
documento 1709, risulta che Antonio fu Silvestro Rizzardi di Coredo, pagava
una fràchela di olio, assicurata sul suo terreno
a Sass, mentre nel 1715,
Francesco fu Giorgio Rizzardi, un'altra fràchela, assicurata su un
terreno al Bertus. E' evidente, che quello appena
descritto è il risultato di
un'ulteriore divisione, di quello che in precedenza, era un unico onere di due
fràchele a carico di Giorgio Rizzardi, padre di Silvestro e Francesco. Forse
l'onere inizialmente era a carico di Maddalena Inama, moglie di Giorgio.[3]
Entrambi i
terreni negli anni successivi furono dati in locazione perpetuale a varie
persone, per cui l'onere dell'olio transitò agli affittuari. Gli stessi terreni,
a seguito di divisioni ereditarie, vennero pure frazionati e la contribuzione di
olio seguì la stessa sorte. Ad esempio, nel 1742 il fondo
al Bertus era stato
locato in parte a Cristano Emer che doveva corrispondere 2/3 di
fràchela, e in
parte alla famiglia Gentili di Sanzeno che corrispondeva il rimanente terzo di
fràchela.
Nel 1752 il terreno con l'aggravio di 2/3 di
fràchela fu acquistato da
Giovanni Battista Inama. Nel 1775 il terreno al Bertus era passato in mano
al santuario di San Romedio che lo dava in locazione perpetuale per 19 anni a
Giovanni figlio di Bartolomeo Mendini.
Nel contratto si specificava che il terreno era gravato dalla contribuzione di
una
fràchela di olio nei confronti della chiesa di Dermulo. Ciò stava a
significare che il terreno era stato nuovamente riunificato.
Sull'identità degli altri nuovi gravati e la quantità di olio loro dovuto, non
traspare nulla fino al 1766, anno in cui nell'urbario della chiesa di Dermulo,
appare l'elenco dei contribuenti. Si dice che dalle iniziali 6 mosse che erano
pagate dagli Inama di Fondo, 5 mezze erano passate agli eredi Bombarda
di Coredo, una fràchela a Silvestro Rizzardi e una fràchela a
Silvestro Inama. Nello
scritto non sono elencati i terreni sui quali era radicato l'onere.
Nel 1792 risultavano come obbligati a fornire l'olio alla chiesa, Vigilio Inama
di Fondo con 3 mosse, la famiglia di Castel Bragher con 5 mezze,
Giovanni Mendini con una
fràchela, Romedio Mendini e Giacomo Inama con
½
fràchela ciascuno. Anche in questo caso non si fa accenno ai terreni
gravati, ma la novità rispetto agli anni precedenti è il subentro dei Thun in
luogo dei Bombarda. A tal riguardo, grazie ad un altro documento, ho scoperto
che le 5 mezze di olio erano legate alla proprietà del
maso Voltoline. Ed infatti, il
maso era pervenuto ai Thun di castel Bragher nel 1781 dai Sicher di Coredo, che
a loro volta, l'avevano acquisito circa tre anni prima dai Bombarda.
Riguardo agli altri beni gravati, comunque, possiamo riconoscere il maso Inama,
per quanto riguarda Vigilio Inama, il terreno al Bertus, per Giovanni Mendini,
e quello a Sass per Romedio Mendini e Giacomo Inama.
Nel libro dei conti della chiesa del 1818, troviamo ancora delle notizie sulle
contribuzioni di olio che rimangono sostanzialmente invariate rispetto al
passato: Castel Bragher mosse 2 e mezza di vecchia misura, Vigilio Inama di
Fondo mosse 3, eredi di Romedio Maria Mendini un ottavo di mossa, Giuseppe Inama
un ottavo di mossa, eredi di Giovanni Mendini un ottavo di mossa. In realtà
qui risulterebbe mancare un ottavo di mossa, ossia mezza fràchela, ma ritengo si
sia fatto un errore con gli eredi di Giovanni Mendini, ai quali andava
attribuita un quarto di mossa. In questo modo il totale sarebbe risultato delle
6 mosse esatte.
Dopo la metà dell'Ottocento, sull'onda dell'abolizione delle decime e delle
altre prestazioni legate ai terreni, fu data la possibilità ai proprietari
dei terreni gravati dall'obbligo di fornitura dell'olio, di potersi affrancare, pagando una somma in
denaro. Nel 1854 quindi usufruirono della
possibilità, Antonio Inama
che per il terreno al Bertus, gravato da
9 once di olio pagò 2 Fiorini;
don Giacomo Mendini che per il terreno a Sass
doveva corrispondere 4,5 once, pagò un Fiorino, così come i fratelli
Giovanni e
Giacomo fu Giacomo Inama,
per un terreno a Sass,
pagarono un Fiorino;
Pietro Mascotti per alcuni terreni facenti parte del
maso Voltoline, gravati da 7,5
libre, pagò 20 Fiorini. Chi non pagò invece, fu
Giovanni Emer. Dalla
lettera inviata dal capocomune di Dermulo il 20 ottobre 1855, alla pretura di Cles,
si evince che erano già cinque anni che
l'Emer veniva esortato ad adempiere, ma lui si era sempre rifiutato, asserendo
che il maso gli era stato venduto dagli Inama di Fondo libero da oneri. Non
sappiamo come sia andata a finire la questione. Si osservava che non esisteva
nessun documento comprovante l'obbligo, se non i conti della chiesa, dai quali
si ricavava che gli Emer, da quando erano manenti del maso Inama di
Fondo, avevano sempre pagato l'olio.
[1] Le 6 mosse corrispondevano a circa 8,5 litri. Per i ragguagli con i sottomultipli vedi la sottostante tabella. Un litro di olio d'oliva pesa 920 grammi.
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mosse |
mezze |
fràchele |
libbre |
oncie |
litri |
1 mossa |
1 |
2 |
4 |
3 |
36 |
1,412 |
1 mezza |
0,5 |
1 |
2 |
1,5 |
18 |
0,706 |
1 fràchela |
0,25 |
0,5 |
1 |
0,75 |
9 |
0,353 |
1 libbra |
0,33 |
0,165 |
0,083 |
1 |
|
0,336 Kg |
1 oncia |
|
|
|
|
1 |
0,035 Kg |
1 litro |
|
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2,976 |
|
1 |
[2] Purtroppo non disponiamo dell'inventario rogato dal Panizza, ma ne siamo venuti a conoscenza solo in forma di regesto, fra i documenti che si trovavano presso la sacristia della chiesa di Dermulo. Anche il toponimo al Marzol, così come scritto, non ha altri riscontri, e considerando i possessi degli Inama di Fondo, penso, si fosse trattato dell'ampio terreno denominato Loc.
[3] Giorgio Rizzardi aveva preso in moglie la sedicenne Maddalena figlia di Francesco Inama di Dermulo ed era venuto in possesso di una casa (la n. 26) e alcuni terreni a Dermulo, uno al Bertus (p.f. 603-604) e uno a Sass (p.f. 56-57).
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