LA CARTA DI REGOLA DI DERMULO | ELENCO DEI REGOLANI DI DERMULO |
La carta di regola era un documento che conteneva le norme amministrative, necessarie per il buon funzionamento di una comunità. Le norme risalivano a tempi molto antichi, dai quali furono tramandate oralmente ed in seguito messe per iscritto in lingua latina, a cominciare dal 14° secolo. Più tardi, furono trascritte in lingua italiana per una maggior comprensione di tutti.
Le regole fondamentali erano tutte uguali, ma ogni Comune aveva la propria che, per essere esecutiva doveva essere approvata dal Principe Vescovo di Trento e dal Regolano Maggiore di Castel Bragher (nel caso di Dermulo). L’approvazione, necessaria ogni volta che cambiava il Principe Vescovo, oppure veniva modificato qualche articolo, era richiesta da una commissione composta dal Sindaco[1] e da altri rappresentanti del Comune. La vita quotidiana quindi, era intrisa da moltissime prescrizioni che regolamentavano e sanzionavano i vari comportamenti. Erano disciplinati per esempio, i pascoli, i confini di proprietà, la viabilità, il rispetto dei giorni festivi, ecc. Annualmente i capi famiglia del Comune si radunavano in assemblea (Regola Grande), nella quale si rinnovavano le cariche amministrative (Regolani, Saltari, Giurati) e venivano esposte le attività svolte e le relative entrate e uscite. La Regola veniva convocata altre volte durante l’anno per provvedere a bisogni diversi, ed in questo caso prendeva il nome di Regola Piccola. Si diceva “in piena regola” quando una delibera veniva approvata con una maggioranza superiore ai due terzi.
Il luogo di raduno di solito era la piazza principale del paese, ma poteva essere anche la chiesa, il sagrato, o altro luogo scelto. I partecipanti vi si portavano dopo essere stati avvisati verbalmente dal saltaro e dal suono della campana. A Dermulo, la Regola era convocata nella piazzetta davanti alla ex casa n. 23, come si può dedurre da un sindacato della comunità di Dermulo svoltosi nel giorno di sabato 7 luglio 1554.[2] Nel documento si dice infatti, che la regola si era radunata sulla piazza davanti alla casa di Simone Corradini, cioè la futura casa n. 23, detta anche casa al Plazzol. A conferma di quanto sopra, anche in un’altra regola del 24 dicembre 1778, si dice “nella Villa di Dermullo, e Piazzolo luogo solito di Regole....”.[3]
Nel periodo invernale invece, ci si riuniva in un locale della casa al Plazzol, come emerge chiaramente nell'adunanza del 4 novembre 1781. Nel documento si dice “nella stuffa dela casa del Signor Romedio Mendini, luogo destinato per Regola stante la frigida stagione...”.[4]
L'adunanza più antica di cui ci è rimasta la testimonianza risale al 1346, quando i vicini di Dermulo conferivano a Ser Stefano fu Corrado di Tassullo, abitante a Malgolo il diritto di Regolaneria sulla villa di Dermulo. Il documento fu scritto nella casa che Belvesino fu Corrado di Tassullo, fratello di Stefano, possedeva a Dermulo.
La Carta di Regola di Dermulo fu redatta nel 1471 e si componeva di 19 capitoli. Rispetto alle Carte di Regola di altre ville a noi vicine, la nostra risulta essere molto scarna nelle regolamentazioni, che si limitavano essenzialmente alla prevenzione-punizione dei danni commessi contro beni privati e comuni. Il denaro riscosso per le infrazioni era devoluto al Regolano Maggiore di Castel Bragher, ed in qualche caso alla Chiesa di S. Giacomo.
Ogni anno il 23 aprile, giorno di San Giorgio, venivano nominati i saltari[5] e i regolani della Comunità. E' interessante notare che il numero dei regolani aveva ragione di essere in numero diverso dall'unità, per le comunità aventi più frazioni. Quindi è plausibile credere che in antico sia stata data ad entrambe le "frazioni" di Dermulo, (Borgo e Zità) la possibilità di essere rappresentate nella regola.
I due regolani, venivano scelti fra le persone anziane e più esperte del paese. La loro carica era irrinunciabile ed avevano il compito di amministrare le rendite e i beni pubblici e di far rispettare quanto scritto nella Carta di Regola. Nella scelta dei regolani di solito aveva un’influenza rilevante il regolano maggiore. Dai nomi emersi dai vari documenti ho potuto constatare quello che potrebbe essere un controsenso e cioè che la mansione di Regolano potesse essere svolta anche da colui che non aveva il diritto di vicinato. Non si spiegherebbe, altrimenti, la presenza di Giacomo Chilovi, Bartolomeo fu Romedio Fuganti, Antonio Sicher e dei membri della famiglia Endrizzi, linea di Dercolo, fra i regolani. Per il Sicher, che abitando a Coredo tale carica doveva essere alquanto scomoda, si ritrova in occasione della sua sostituzione con Gregorio Endrizzi in un'assemblea regolanare la seguente spiegazione: "come fongente dall’officio delli eredi di Giovanni Battista Massenza dei quali esso è curatore". Detta così, sembrerebbe che la carica toccasse a ruota a tutte le famiglie, come succedeva sicuramente con la sindacarìa della chiesa.
Al saltaro competeva anche la costruzione e la manutenzione della tezza, ossia del capanno di osservazione. Nel 1788 infatti si trova notizia che il saltaro aveva provveduto al taglio di 4 piante per tale scopo. Il suo salario a Dermulo, come risulta da un documento del 1759, corrispondeva a circa 5 orne di brascato.
In settembre veniva indetta la Regola Maggiore per la vendemmia.
Purtroppo fino ad ora, non sono stato in grado di reperire altre versioni della Carta di Regola di Dermulo, ma sicuramente ve ne furono di successive. Nel 1710, in una lettera indirizzata al principe Vescovo di Trento, la comunità si scusava di non aver potuto inviare la Carta di Regola per la conferma, perchè si disse, era lacera e si doveva farla riscrivere. Il 31 gennaio del 1759, con un documento riscontrabile al n. 128 dei Libri Copiali, veniva riconfermata e approvata la Carta di Regola di Dermulo. L'atto però si limitava solo alla conferma senza riportare nulla riguardo il contenuto della Carta di Regola. In un'altra occasione, nel 1788, si fa menzione dell’articolo 50 della Carta di Regola.
Fra i vari motivi di convocazione della regola, troviamo anche il conferimento del diritto di vicinato a due persone. Con la regola svolta il 10 marzo 1714 i regolani e i vicini deliberavano di “ceder la ragione del ben comune a Giorgio fu Vittore Tamè” dietro versamento di una somma di 50 Ragnesi. La somma praticamente fu "girata" al conte Giuseppe Thun che aveva un credito di tale importo con la comunità di Dermulo. Non si può non considerare, quanto tempo trascorse fra quando i Tamè arrivarono in paese e quando ottennero il diritto di vicinato. Vittore, padre di Giorgio, abitava a Dermulo fin dal 1677, quindi ben 44 anni prima! Un intervallo di tempo molto simile si è riscontrato nel 1606, riguardo all'accoglimento fra i vicini di Tres di Giacomo Pret da Dermulo. Ancora peggio andò agli Endrizzi di Dercolo che a quanto sembra non ottennero mai il diritto di vicinato, come appare dalla regola del 1782 citata qui sotto, pur essendo il capostipite Antonio, presente a Dermulo da circa il 1720.
Il 15 dicembre 1720 i regolani di Dermulo concedevano la ragione della Vicinia e del bene comune a Pietro Lorenzo Panizza di Taio. Il quale Panizza doveva sborsare 34 Troni e far celebrare tanti sante Messe fino all’ammontare di 20 Ragnesi. Dal documento si intuisce che si erano avute molte dispute tra la comunità e il Panizza in quanto quest'ultimo asseriva di essere già in possesso del diritto di vicinato perchè coerede di suo nonno Pietro. Effettivamente Pietro Panizza era convicino di Dermulo, ma probabilmente il problema era sulla trasmissibilità ereditaria. Comunque dall'entità dell'importo sborsato si intuisce che fu un compromesso per chiudere la questione.
Un'altra assemblea regolanare si svolse il 17 dicembre 1782, con lo scopo, questa volta, di aggregare come convicino della comunità niente meno che il conte Giovanni Vigilio Thun. Qualcuno potrebbe pensare che fosse stato un atto quasi scontato e che il tutto si sarebbe potuto fare, come si dice, "d'ufficio" considerato che i Thun erano anche Regolani Maggiori della comunità di Dermulo. Invece da questo atto traspare, come, nonostante i signori di Castel Bragher si trovassero sicuramente a trattare da un punto di supremazia, l'autonomia della comunità era comunque una cosa ben radicata e rispettata. Alla regola parteciparono tutti gli aventi diritto e chi non potè essere presente si fece rappresentare con voto scritto. L'assemblea si espresse a favore dell'accoglimento del conte come convicino di Dermulo, con l'eccezione di due persone che ritenevano la somma di 75 Ragnesi, stabilita per tale diritto, troppo esigua. I due vicini erano Domenico Massenza e Giovanni Francesco Inama. Quest'ultimo era stato anche affittuario del maso di castel Bragher a Taio fino a qualche mese prima e quindi non è da escludere che il voto contrario potesse essere stato dettato anche da qualche contrasto sorto con il conte. In ogni modo Giovanni Vigilio Thun aveva già fatto pervenire i 75 Ragnesi, in monete d'oro e d'argento, tramite il notaio Alfonso Domenico Widmann di Coredo, estensore del documento che furono subito distribuiti ai vicini in ragione di 17 Troni e 9 Carantani per fuoco. La quota spettante ai due contrari fu tenuta in deposito presso il notaio Widmann. Dopo qualche tempo, forse persuasi dal notaio, i due contrari Domenico Massenza e Giovanni Francesco Inama diedero l’assenso al convicinato dei Thun, ritirando con ricevuta, rispettivamente il 22 dicembre 1782 e il 28 gennaio 1783, quanto di loro spettanza.
Trascrizione della traduzione della carta di regola di Dermulo del 1471[6]
Nell’anno della natività del Signore 1471 indizione quarta, nel giorno di Martedì trentesimo del mese di aprile, nella villa di Dermulo <Pieve di Taio>, nella piazza della comunità; presenti Concino del fu ser Concino di Tuenno pieve di Tassullo, Giorgio fu Cristoforo <detto> Giudice di Coredo, Federico fu Biagio di Dardine e Giovanni fu Salvatore di Taio, testimoni appositamente chiamati e pregati. Ivi davanti al magnifico, generoso e potente soldato signor Simeone di Thun, onorevole regolano <maggiore> della predetta villa di Dermulo per tutte le cause e per tutti i casi attinenti alla regola della predetta villa di Dermulo, unitamente agli uomini del soprascritto comune di Dermulo appositamente convocati, <cioè>: primo Vincenzo Remondino del fu Gregorio, Francesco del fu Nascimbeno, Bartolomeo del fu Antonio <detto> Duca, Nicolò Coradini, Pietro Pret, Antonio del fu Inama, tutti costoro di Dermulo[7], della soprascritta pieve di Taio, valle di Non e diocesi di Trento, qui convocati e congregati (al suono della campana), con il consiglio del soprascritto signor Simeone soldato di Thun loro regolano maggiore in e per tutte le cause pertinenti alla loro regola e riguardo a tutte le consuetudini osservate circa la detta regola nelle valli di Non e di Sole, per la buona pace, la concordia, l’utile e l’onore della detta comunità di Dermulo, nelle forme e modi previsti per diritto in questa materia e come meglio fu possibile egli insieme ai soprascritti uomini della predetta villa di Dermulo ordinò quanto è di seguito riportato e specificato nei singoli capitoli &c.
1. Per primo diciamo ed ordiniamo che qualunque persona della predetta villa di Dermulo non presuma lavorare nè far che si lavori nel giorno della festa di san Giovanni di maggio: sotto la pena di tre lire di denari piccoli per cadauna persona. [8]
2. Parimenti diciamo ed ordiniamo, come già sopra fu detto, che nel giorno della festa di san Vittore di maggio <nessuna persona> presuma lavorare nè far che si lavori: sotto la pena di dodici grossi di denari di buona moneta, come sopra.
3. Parimenti diciamo ed ordiniamo che nel giorno della festa di santa Maria <nessuna persona> presuma lavorare nè far che si lavori sotto la pena di dodici grossi come sopra, per ogni detta festa di santa Maria.
4. E così si ordina, sotto la stessa pena, per i giorni delle festività degli Apostoli.
5. E così pure in ogni giorno di Sabato dopo il mezzogiorno <gli uomini di Dermulo> non ardiscano ne presumano far che si lavori: sotto la pena di grossi dodici per ogni singola persona.
6. Parimenti diciamo ed ordiniamo che per ogni giorno in cui i regolani della predetta villa di Dermulo vorranno fare regola gli uomini di Dermulo siano tenuti a comparire a tale regola nel luogo allo scopo deputato: sotto la pena di tre grossi per ogni singola persona; e se non compariranno a tale regola, che il saltaro o il regolano possano e abbiano facoltà di recarsi alle case dei negligenti per procedere alla relativa pignorazione; e se tali negligenti non volessero presentare i detti pegni essi siano condannati alla pena di sei grossi di denari, la qual pena sia imposta e devoluta secondo la comune rata di Dermulo.
7. Parimenti diciamo ed ordiniamo che tutte le persone che possiedono campi, vigneti e prati nelle pertinenze della villa di Dermulo, ognuna di queste persone sia tenuta a chiudere accuratamente i suoi fondi ed a provvedere alla sistemazione e manutenzione delle strade adiacenti a detti rispettivi fondi e di accesso ad essi; se poi quelle possessioni non saranno state chiuse a dovere in modo tale che si verifichi qualche danno in quelle, i detti uomini di Dermulo non siano tenuti a pagare gli eventuali danni incorsi ai privati per tale loro negligenza, ne a denunciare tali danni.
8. Parimenti diciamo ed ordiniamo che tutti i saltari <operanti a Dermulo> siano essi terrieri o forestieri, siano tenuti a comparire <ogni anno> in occasione della festa di san Giorgio in aprile nella villa di Dermulo davanti al signor regolano maggiore, o ai suoi mandatari per giurare di custodire con attenzione tutti i prodotti delle campagne, i garzi delle viti, i vini e le uve; i quali saltari siano poi tenuti a dimorare i Dermulo <durante tutto il loro servizio>; e se detti saltari fossero forestieri e non vogliono o non possono assolvere il loro ufficio, in tal caso debbano cedere i loro diritti, rifiutarli e venderli ad uomini di Dermulo, attenendosi in questo al parere di due uomini saggi ed esperti di Dermulo.
9. Parimenti diciamo ed ordiniamo che tutti i saltari debbano iniziare il loro ufficio di custodia delle vigne il giorno di santa Maria di agosto, e detti saltari siano tenuti a stare nella saltaria a loro affidata ogni giorno sino al termine della vendemmia.
E a partire da quel giorno <gli uomini di Dermulo> siano tenuti a non lasciar andare sciolti i cani: sotto la pena di un grosso per ogni volta <che si cotrafarà>, e questo sino al termine della vendemmia.
10. Parimenti diciamo ed ordiniamo che quando il saltaro o i regolani o qualunque altra persona trovassero buoi o giovenche o altri animali mentre arrecano danni alle campagne di Dermulo, presi questi animali li devono presentare ai regolani di Dermulo ed il padrone del bestiame, sia esso piccolo o grande. sia punito in un grosso e la pena sia devoluta alla chiesa di san Giacomo.
11. Parimenti diciamo ed ordiniamo che tutti i saltari di Dermulo, quando trovassero bestiami nei fondi posti nelle pertinenze di Dermulo, debbano portare tali bestiami nella villa di Dermulo e presentarli ai regolani, e quindi si decida intorno a questo secondo i casi previsti dalla regola; e se gli uomini di Dermulo non intendessero procedere alla stima degli eventuali danni, sia dai terrieri di Dermulo che da forestieri, allora si debba andare a Castel Bragher davanti al signor regolano maggiore, il quale così richiesto faccia valutare tale danno da altri uomini esperti e fidati: sotto la pena dei possessori dei bestiami dannificanti di sei grossi per ogni singolo animale, oltre la rifusione dei danni stessi e relativi interessi.
12. Parimenti diciamo ed ordiniamo che gli uomini forestieri che volessero assumere l’incarico di sorveglianza delle saltarie di Dermulo siano tenuti a stare e risiedere in Dermulo, iniziando dalla vigilia della festa di santa Maria di agosto sino alla fine della vendemmia.
13. Parimenti diciamo ed ordiniamo che se saranno trovati animali, sia grandi che piccoli, nelle vigne delle pertinenze di Dermulo, <il padrone degli animali> sia condannato in un grosso di pena per ogni vigna mangiata dai suoi animali; ed il saltaro di Dermulo sia tenuto a denunziare il danno arrecato, altrimenti lo stesso saltaro sia tenuto a rifondere il detto danno agli interessati: il quale danno debba essere stimato dai regolani di Dermulo.
14. Parimenti diciamo ed ordiniamo che tutti i saltari, siano essi di Dermulo o forestieri, debbano presentarsi ogni anno nel giorno di san Giorgio di aprile in Dermulo davanti al signor regolano maggiore o suo incaricato per prestare giuramento di sorvegliare bene e fedelmente tutti i prodotti delle campagne di Dermulo, le biade, i garzi delle vigne e tutte le altre cose competenti al loro ufficio ed al giuramento da loro prestato nelle mani dei regolani: sotto la pena (omesso) fatta a loro denuncia.
15. Parimenti diciamo ed ordiniamo che tutte le pene imposte con la forza siano devolute e spettino al signor regolano maggiore.
16. Parimenti diciamo ed ordiniamo che tutte le persone che saranno trovate nei gazzi e boschi siano condannate nella pena in un grosso per ogni singolo fascio, alla pena di dodici grossi per ogni singolo carro, e per ogni tronco, sia esso grande o piccolo, di rovere, peccio, abete, pino o larice nella pena di una lira e tre grossi: la quale pena sia devoluta alla chiesa di san Giacomo.
17. Parimenti diciamo ed ordiniamo che, quando i nostri regolani daranno l’ordine, si debba andare a sistemare le vie: sotto la pena di tre grossi per persona; e chi contrafacesse a ciò sia punito e condannato in sei grossi: la qual pena spetti alla comunità di Dermulo; ed inoltre gli stessi regolani o saltari, chiunque di loro, possano procedere alla pignorazione.
18. Parimenti diciamo ed ordiniamo che tutte le persone, siano esse di Dermulo o forestiere, che andassero a vendemmiare nelle pertinenze della detta villa di Dermulo prima del giorno della regola, deputato dal predetto regolano maggiore insieme agli uomini della villa di Dermulo, siano condannati in tre lire come sopra per ogni volta e luogo.
19. Parimenti diciamo ed ordiniamo che tutte le pene poste in esecuzione con la forza siano devolute al predetto signor regolano maggiore di Castel Bragher o suo incaricato per tale imposizione.
Riserviamo inoltre a noi la facoltà di aggiungere e togliere qualche articolo a questa regola, secondo la consuetudine osservata per le carte di regola nelle valli di Non e Sole.
La soprascritta fu letta e pubblicata da parte del predetto signor regolano <maggiore> ovvero da parte di me, Antonio Valdecher notaio di Tavon, su incarico e mandato particolare a me affidato dal detto signor regolano, alla presenza dei sottoscritti testimoni e di me notaio sottoscritto, presenti gli uomini di Dermulo ed il detto signor regolano, che approvarono e ratificarono in tutto e per tutto, capitolo per capitolo, la detta regola, dicendosi soddisfatti di tutto quanto stabilito.
ELENCO DEI REGOLANI DI DERMULO
Periodo |
Regolano |
Coregolano |
Note |
1472 |
.................................. |
Forse solo sindaco | |
1499 |
.................................. |
Forse solo sindaco | |
1554-1555 |
Invece che regolani si parlava di giurati | ||
1591 |
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16 |
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1616-1617 |
.................................. |
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1620 |
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1657-1658 |
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1663-1664 |
Cipriano
Inama |
Antonio
Inama |
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1670-1671 |
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1671-1672 |
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1677-1678 |
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1679-1680 |
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1693-1694 |
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1697-1698 |
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1699-1700 |
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1703 |
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1706-1707 |
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1710-1711 |
.................................. |
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1711-1712 |
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1713-1714 |
Antonio
Sicher |
Il 7 aprile 1714 risultavano regolani Ottavio Inama e Pietro Antonio Mendini. Notizia non coerente con altre fonti. | |
1714 |
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1715-1716 |
Giacomo
Antonio Mendini |
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1716-1717 |
Giacomo
Antonio Mendini |
Simone Tamè fu Vittore | Giovanni Emer sostituì Simone Tamè nella regola del 2 settembre 1716. |
1720-1721 |
Giovanni Battista Inama | Enrico Endrizzi | Ottavio Inama sostituì Enrico Endrizzi nella regola del 15 dicembre 1720. |
1723-1724 |
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1725-1726 |
|||
1726-1727 |
Giovanni Giacomo era figlio di Giovanni Giacomo. | ||
1732-1733 |
|||
1734-1735 |
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1735-1736 |
Bartolomeo Fuganti | Giovanni Battista Inama | Bartolomeo era figlio del fu Romedio Fuganti. |
1736-1737 |
Bartolomeo Inama | Giovanni Giacomo Inama | Giovanni Giacomo era figlio di Ottavio Inama. |
1740-1741 |
.................................. |
||
1741-1742 |
Giacomo Mendini | Simone Tamè | Pietro Antonio Mendini sostituì Giacomo Mendini nella regola del 8 marzo 1742. |
1742-1743 |
Vittore
Tamè |
Cristano Emer | |
1743-1744 |
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1745-1746 |
Silvestro era figlio del fu Ottavio Inama. | ||
1746-1747 |
Cristano Emer sostituì Gregorio Endrizzi nella regola del 16 aprile 1747. | ||
1747-1748 |
Gaspare Inama | Silvestro Inama | |
1750-1751 |
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1751-1752 |
|||
1756-1757 |
Gaspare nella regola del 13 marzo del 1757 era assente. | ||
1757-1758 |
Cristano Emer | Giovanni Battista Inama |
Giuseppe Tamè sostituì Giobatta fu Bartolomeo Inama nella regola del 15 maggio 1757. |
1759-1760 |
|||
1760-1761 |
|||
1761-1762 |
La mansione di saltaro era svolta da Giovanni Inama. | ||
1763-1764 |
Bartolomeo Mendini risulta regolano in data 12 giugno 1763, ma non è chiaro se sia al posto di qualcuno o se sia uno sbaglio di data. | ||
1764-1765 |
|||
1766-1767 |
|||
1767-1768 |
Giacomo Inama fu Ottavio | Silvestro Inama fu Ottavio | La mansione di saltaro era svolta da Giovanni Inama. |
1768-1769 |
La mansione di saltaro era svolta da Giacomo Inama fu Ottavio. Il 25 novembre 1768 Giacomo appare giustamente ancora come saltaro. I regolani però risultano Giacomo fu Michele Inama e Andrea Endrizzi. Questo dato non è coerente, a meno che l'anno non sia il 1769. | ||
1769-1770 |
Antonio Inama | Francesco Mendini | |
1770-1771 |
Giovanni Giacomo Inama | Francesco Mendini | |
1772-1773 |
.................................... |
||
1773-1774 |
La mansione di saltaro era svolta da Giovanni Mendini. Silvestro Endrizzi sostituì Francesco Mendini nella regola del 29 novembre 1773. | ||
1774-1775 |
|||
1775 |
(*) | ||
1776 |
(*) | ||
1777 |
(*) | ||
1778-1779 |
La mansione di saltaro fu svolta da Cristano Emer e da Francesco Mendini. Domenico Massenza, essendo assente, fu sostituito nella regola di novembre da Giacomo Inama fu Ottavio e in dicembre da Giovanni Emer. Nella regola del 24 dicembre 1778 Giovanni Mendini fu sostituito da Antonio Inama perchè era parte in conflitto di interesse. | ||
1779-1780 |
La mansione di saltaro fu svolta da Baldassare Inama. | ||
1781-1782 |
|||
1782-1783 |
Giovanni Maria Tamè | Giovanni Mendini | Nella regola del 21 ottobre 1882 risultava saltaro Giovanni fu Giovanni Battista Inama, mentre in quella del 17 dicembre, Giacomo figlio di Bartolomeo Mendini. |
1783-1784 |
|||
1784-1785 |
Nella regola del 26 gennaio 1785, Mattia Mendini svolge la mansione di saltaro al posto di Giovanni Inama. | ||
1786 |
(*) | ||
1787 |
.............................
|
(*) Forse era Giovanni Francesco Inama e non Giovanni Inama. | |
1787-1788 |
|||
1788-1789 |
Romedio Mendini | Giovanni Maria Tamè | |
1789-1790 |
Giovanni Inama fu Giovanni Battista | Baldassare Inama | |
1790-1791 |
(*) | ||
1791-1792 |
(*) | ||
1792-1793 |
(*) | ||
1793-1794 |
(*) | ||
1794 |
............................. |
(*) | |
1795 |
............................. |
(*) | |
1796 |
............................. |
(*) | |
1796-1797
|
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1797 |
|||
1798-1799 |
|||
1799-1800 |
Giovanni Mendini | Mattia Mendini | Ho notizia ma non verificabile che nel 1799 erano regolani Giovanni Francesco Inama e Giovanni Emer. |
1800-1801 |
Romedio Mendini fu Romedio |
La mansione di saltaro fu svolta da Giuseppe Mendini. Mattia Mendini sostituì Innocente Massenza nella regola del 5 gennaio 1801. | |
1801-1802 |
Nel 1801 dall'urbario della chiesa di Dermulo risulterebbe regolano Mattia Mendini invece di Giovanni Emer. | ||
1802-1803 |
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1803-1804 |
Il 26 marzo 1804 risultano regolani i due omonimi Romedio Mendini. Uno era figlio del fu Romedio, l'altro del fu Bartolomeo. | ||
1804-1805 |
Giovanni fu Giovanni Emer | Giacomo Endriocher | |
1805-1806 |
............................... |
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1806 |
............................... |
[1] Il Sindaco o Sindico era una persona incaricata a rappresentare la comunità o la Chiesa nei rapporti esterni.
[2] AST - Protocolli del notaio Gottardo Gottardi di Rallo Busta I.
[3] Archivio Parrocchiale di Taio.
[4] Archivio Parrocchiale di Taio.
[5] Il saltaro, letteralmente
guardia boschiva (dal latino saltus), aveva il compito di sorveglianza delle
campagne e dei boschi.
[6] Dal libro “Taio nel XV e
XVI Secolo - Vita di una comunità rurale” di M. Welber, M. Stenico, F.
Giacomoni e C. Bertolini. che a loro volta l’hanno ripresa dalla raccolta
Carte di regola e statuti delle comunità rurali trentine a cura di F.
Giacomoni. Il documento in forma di copia di fine XVI Secolo, si trova nel volume manoscritto Regolanarium presso l’archivio Thun di Castel Bragher.
[7] Ritengo che il primo nome citato nei partecipanti alla regola "Vincenzo Remondino fu Gregorio", in realtà fosse da considerare "Vincenzo, Raimondino fu Gregorio...." . Quindi sarebbero due distinte persone e mi viene da affermare ciò per almeno tre motivi.
1. La Carta di Regola di Dermulo contenuto nel regolanario di Castel Bragher non è l'originale ma è una copia eseguita alla fine del Cinquecento. Lo stesso Giacomoni autore della trascrizione ne ha evidenziato la pessima qualità per una serie di errori e omissioni che l'anonimo copista aveva perpetrato. Secondo Giacomoni alcuni errori dimostravano la sua scarsa conoscenza della scrittura latina (per questo ipotizza fosse stato di origine tedesca), ma non esclude che molte lacune siano dovute alla cattiva conservazione degli originali.
2. Raimondino fu Gregorio lo si trova citato molteplici volte nei documenti, ma mai accompagnato dal nome Vincenzo. Inoltre quest'ultimo non era un nome che apparteneva all'onomastica della famiglia.
3. A Dermulo già dal 1437 abitava un tale Vincenzo figlio di Michele detto Zaton di Tres e Vincenzo era sicuramente vivo nel 1471 quando fu redatta la carta di regola. Sarebbe stato molto strano che lui o un suo discendente non avesse partecipato ad una adunanza così importante.
Nella lettura dell'elenco dei nomi ho riscontrato una curiosità, ovvero come tutti gli individui siano stati citati non a casaccio ma con un ordine sequenziale ben preciso relativo alla loro casa di abitazione. Vincenzo nella futura casa 16-19, Raimondino fu Gregorio nella casa 20-21, assieme a Francesco fu Nascimbene; Bartolomeo del fu Antonio nella futura casa 9-10-11-12, Nicolò Cordini nella futura casa 23, Pietro Pret nella futura casa 7-8 e Antonio Inama nella futura casa 27.
[8] Mi sembrerebbe più ovvio che la festa interdetta dal lavoro fosse stata quella nel giorno di San Giacomo anzichè di san Giovanni. Probabilmente si tratta dell'ennesimo errore del copista.
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