Nel 1300 la Valle di Non fu teatro di violente lotte fra le famiglie castellane
che si schierarono in due fazioni: da una parte gli Arsio, i Cagnò Rumo e
qualche famiglia di Coredo, dall’altra i S. Ippolito, i Thun e i Bragher. Nel
1337 questi signori, tutti indistintamente, si resero responsabili di efferati
delitti contro i loro nemici.
In un documento riportato dal Reich[1]
si elencano gli innumerevoli soprusi perpetrati da ambo le parti, contro la
fazione opposta. Al punto 12 dell’elencazione degli affronti subiti dai Thun e
dai loro amici e servitori si legge: “Di poi Federico di Coredo andò colla
sua gente, assalì il paese di Dermulo e predarono le case ed il bestiame del
comune ed altro che vi trovarono.”
Dermulo è ricordato
indirettamente anche nella storia delle guerre rustiche che nei secoli XV e XVI
imperversarono nel principato vescovile tridentino. Nei disordini del 1477, ad
esempio, fra i capi della rivolta è citato Antonio
Inama di Dermulo.
L’ultima guerra rustica ebbe il suo culmine nel 1525, quando in settembre, dal
passo della Rocchetta, entrarono in Val di Non tremila soldati tedeschi guidati
dal conte Gerardo d’Arco con il compito di costringere i “rustici” a
giurare fedeltà al principe vescovo. Essi si dovevano portare a Revò, dove
giunsero, non prima di aver saccheggiato i villaggi di Taio e Dermulo.[2]
Anche quest’ultima guerra rustica, si risolse con la sconfitta degli insorti, ma
a differenza di quelle che la precedettero, terminò in modo molto più tragico.
Infatti il principe vescovo
Bernardo Clesio, nel punire i rivoltosi, usò il pugno di
ferro e sulle piane di Revò, fece giustiziare tutti i principali fautori della
rivolta. Fra coloro che presero parte alla rivolta, figurava anche
Cristoforo figlio di Giovanni
Cordini di Dermulo, il quale fu condannato a qualche mese di carcere e al
pagamento di una multa.
Jacop’Antonio Maffei nel suo
“Periodi istorici e topografia delle valli di Non e di Sole nel Tirolo
Meridionale” del 1806, fa un breve accenno a Dermulo : “A questa
Pieve (di Taio) appartiene Dermullo, picciola villa”.
Nel 1829 Gioseffo Pinamonti nella
sua guida “La Naunia descritta al viaggiatore”, dai Molini di Tassullo
osserva i Pradi, l’alta roccia, le cascate e l’eremo di S.
Giustina,
accennando, però, appena al nome di Dermulo: “Di fronte in alto una
villetta, Dermulo, e sotto questo una seconda cascata, (il
Pissaracel) poi
una foresta di querce lambita dal fiume”. (Scòl)
Agostino Perini nella sua
“Statistica del Trentino” del 1852 scrive: “Dermullo. Capitanato di
Cles, distretto giudiziale dello stesso nome. Abitanti 139,
case 28. Estimo fior.
7233 car.20. Villaggio della valle di Non, situato alla sinistra del Noce di
fronte a Tassullo che sta sulla destra, 2 miglia a levante da Cles. La sua
chiesetta che sta in mezzo alle case è insignificante e cadente [!?], ma
le sue campagne, specialmente quelle situate al piano sono fertili e
dilettevoli.
Pel paese trascorre la strada principale della sponda sinistra del
Noce che in mezz’ora mette a Tajo e in altra mezz’ora verso settentrione a
Ponte alto, luogo celebre per la pace convenuta fra il principe di Trento e
Mainardo conte del Tirolo,[3] il qual ponte serve di comunicazione fra i villaggi
sulla sponda sinistra con Cles......Si progettò e si discusse di gettare un
ponte dall’una all’altra sponda in certi ai dirupi, che colà, benchè assai
distanti, pure lo sono meno che ovunque, e così valersi della strada che dalla
Rocchetta fino a Cles sarebbe di gran lunga più piana e più corta; ma
prevalsero le viste di speciali interessi e passioni.”
Alla fine dell'Ottocento,
Ottone Brentari nella sua ”Guida del Trentino” a proposito di Dermulo dice:
“il paesello è diviso in due dal torrentello detto
Pissarachel, che giù
per il vicino burroncino precipita nel Noce; e le due contradine che formano il
comune si chiamano, per uno scherzo già molto antico Borgo di qua sulla des. e
Città di là sulla sin. .....Sopra la porta della canonica è un affresco collo
stemma della famiglia Runondini (Mendini) e colla data del 1616. Il paese, dopo
la fabbrica del ponte di Santa Giustina (al quale, senza bisogno di risalire
sullo stradone, si può giungere in un quarto d’ora per la bella stradina fra
il bosco), s’era da sè ribattezzato col nome di Santa Giustina che era anche
stato scritto sui muri; ma il governo lo fece levare..... Di Dermullo sullo
stradone non c’è che il Restaurant S. Giustina (Km 20.7), località detta al
Dazio; pedaggio. Bivio. (Sul pilastro che è qui sono segnate queste distanze
chilometriche: Per Cles Km. 5.240; per Fondo Km. 17.750; da S. Michele Km.
19.225).....”
[1] Cfr. Desiderio Reich “Barbarie passate” nella rivista Tridentum a. IV pag. 314. Il documento originale è scritto in lingua tedesca. Fra l’altro anche il Reich non riesce a darsi una spiegazione logica per tutti questi delitti e ne dà la colpa al bassissimo livello culturale che la gente aveva a quell’epoca.