I CIMITERI DI
DERMULO
|
Nel 1695, da quanto si evince dalle prescrizioni impartite a seguito
della visita vescovile, la struttura cimiteriale era abbastanza
trascurata, per cui veniva imposto di “rimettere le laste sopra il muro del cimitero
dove queste mancano, e di impiombare sulle pietre le crate di ferro
del cimitero nell’ingresso di quello.”
Altre notizie relative al cimitero si ricavano
dall'urbario della chiesa di Dermulo dove nel 1773 si dice che
furono rifatte le rèze, ossia i cancelli del cimitero ad
opera del fabbro Pietro Bertoluzza di Sanzeno. Il prezzo di Troni
69, fu definito "esorbitante" dagli amministratori. Nel 1786 le mura
del cimitero furono "smaltate" con calcina e dove mancanti ricoperte
da pietre.
Già nei primi anni dell’Ottocento, al tempo
dell’occupazione napoleonica, le autorità avevano
ordinato di abbandonare i cimiteri intorno alle chiese e di costruirne
di nuovi in luoghi più lontani, ma la direttiva, almeno a Dermulo, non
venne applicata. Nella visita pastorale del 1838 si accenna al
bisogno di trasportare il cimitero in altro luogo, per rendere - si
disse - la sacristia più salubre. Ci si riferiva alla presenza di umidità dovuta principalmente alla
grande quantità di terra addossata alla parete nord della sacristia
stessa. Infatti nelle prescrizioni di quell'anno, relative al
cimitero si disse "per
levare l'umidità dalla sacrestia della chiesa si dovrà abbassare il
livello del terreno del cimitero, però prima bisogna asportare le
ossa e separarle e portare la terra in altro luogo
Nel 1880 nel cimitero trovarono posto le ossa delle sedici persone
morte di colera nel 1855, che all'epoca erano state tumulate in un
terreno a Somager.
Nel 1898 le mura perimetrali del cimitero si ritrovavano in cattivo
stato, tanto che la rappresentanza comunale adottò un'apposita
delibera per il loro restauro.
Intanto nel 1909 si era formato il comitato per la costruzione del
cimitero e la scelta per il luogo si
era indirizzata su due siti, il già considerato campo del Panizza, che però risultava
sassoso e in pendenza e per il quale il proprietario aveva richiesto
una Corona per metro quadrato; l'altro invece era localizzato al
Loc, era pianeggiante e il
proprietario, Alessandro Emer,
aveva richiesto un prezzo di una Corona e mezza per metro quadrato. In seguito
il terreno al
Loc non venne più considerato ed invece venne proposto
un terreno a
Sas. Quindi per scegliere quale, fra il terreno alle Fasse
e quello a
Sas, fosse stato il preferito, fu
indetta una votazione fra i capifamiglia, dalla quale risultò che la zona
alla Fasse
aveva ricevuto 26 preferenze, contro le sole 7 di
Sas. Nel 1910 il comune
incaricava
Celeste Inama e
Ferdinando Inama di
procedere all'acquisto del terreno del Panizza, per il quale si trovò
l'accordo solo l'anno successivo. Nel 1911 infatti, Augusto Panizza
si rese disponibile a vendere il suo terreno alle Fasse,
costituito dell p.f. 229,
230,
231,
232, e
270, per l’ importo di 3000 Corone. Quando però la pratica fu
inviata ad Innsbruck, con la richiesta di poter procedere, il permesso fu negato, perché la spesa fu ritenuta eccessiva. Effettivamente
l'importo era abbastanza elevato e forse eccessivo, se rapportato
alla superficie necessaria per accogliere un cimitero commisurato al
numero degli abitanti di Dermulo. Credo però che il Panizza non avrebbe
accettato di vendere solo una parte del terreno, per cui l'importo
era diventato importante.
Il divieto di Innsbruck di fatto stoppò il progetto e tutto fu
accantonato, anche perchè nel frattempo era scoppiata la Prima Guerra
mondiale.
Terminata la guerra, si dovrà aspettare fino al 1921 perchè venisse affrontata
nuovamente la questione del cimitero. Questa volta però, venne presa in considerazione
una soluzione alternativa ad una nuova costruzione. Ciò si rese
possibile per la disponibilità di Rosa Inama
figlia del fu
Giacomo, che si
disse pronta a cedere il suo broiletto, posto a ovest e a
sud della chiesa, dando così la possibilità di ampliare il vecchio cimitero.
Rosa si sarebbe accontentata di ricevere in cambio un altro pezzetto
di terreno che il Comune aveva prontamente individuato al
Grezot.
L'intenzione però, ancora una volta non fu seguita dai fatti, ma di li a
poco le cose sarebbero cambiate ed infatti, il 6 gennaio 1922 Rosa
Inama morì.[2]
Nel suo testamento a sorpresa, non so se spontaneamente oppure su
suggerimento di qualcuno, il comune di Dermulo, appariva tra i
beneficiati. L'oggetto del lascito fu un terreno arativo alle
Marzole, contraddistinto dalla
p.f. 263/2 che la benefattrice aveva
destinato al comune di Dermulo, con l'obbligo di costruire il nuovo cimitero.
[1]
|
|
Nello stesso anno 1922 si iniziano i lavori
per la costruzione del nuovo cimitero, ed essendo il suolo occupato da
diverse piante di gelso, il Comune decise di donare tutta la legna
ricavata in seguito all'eradicazione delle piante agli eredi di
Rosa Inama.
Agli inizi del 1923 il cimitero è
ultimato e si fanno i preparativi per la benedizione.
Si
riporta qui sotto la trascrizione del documento datato 24 gennaio 1923 e firmato dal decano don
Nicolò Rosa e dal sindaco
Celeste Inama.[3]
Inama Rosa da
Dermullo figlia del fu Giacomo e Barbara nata Mendini considerata l’assoluta
insufficienza dell’attuale cimitero faceva dono (in morte l’ 26 gennaio
1922) di un suo campo fra lo stradone Cles-Sanzeno, affinchè venisse
adattato per nuovo cimitero. Il lodevole Comune di Dermullo, grato del
dono, procurò di ottemperare alle leggi ecclesiastiche e civili sui
cimiteri e preparò il nuovo cimitero.
Il giorno 24 gennaio
1923 il m. r. decano di Taio don Nicolò Rosa, quale delegato Vescovile,
assistito da m. r. don Carlo Paolazzi beneficiato in Dermullo e del m.
r. don Giacomo Dompieri cooperatore di Taio - consacrava solennemente
il cimitero. Alla mattina il popolo si astenne da ogni lavoro,
intervenne devoto alla S. Messa pei defunti di Dermullo e
processionalmente si portò al cimitero dove assistette devoto alla Santa
funzione.
In fede
Sacerdote Rosa decano
Il Sindaco C.Inama
[1] Questo appare negli Atti Visitali di quegli anni.
[2] La rappresentanza comunale considerando Rosa Inama benefattrice, dispose che il giorno del funerale ogni censito doveva accompagnarla al cimitero con una candela accesa.
[3] A.P.T. Busta n. 5.