Alla voce "sacrestano",
Wikipedia riporta: "Un
sacrestano (anche sagrestano o sacrista) è una persona incaricata di
tenere in ordine la sacrestia, la chiesa e il loro contenuto".
L'enciclopedia Treccani invece, definisce il sacrestano: "Laico stipendiato che ha il
compito di tenere in ordine la sagrestia e gli arredi sacri, di
pulire, di sorvegliare e custodire la chiesa, nonchè di coadiuvare
il sacerdote in vari compiti pratici". Oltre alle mansioni elencate
nelle definizioni "moderne", in un passato nemmeno così lontano, era
demandato al sacrestano (aedituus in latino) anche il compito
di suonare le campane in tutte le occasioni che lo prevedevano,
come verrà meglio specificato più sotto. Per la convocazione della
regola comunitaria la campana era invece suonata dal saltaro e, inoltre, in
caso di pericolo, la campana poteva essere suonata a martello da chiunque.
Il primo sacrestano di Dermulo di cui ho avuto notizia è
Antonio
figlio del fu Giovanni Mendini che risultava ricoprire la mansione
nel 1637. Da allora si
sono susseguite varie persone, e spesso l'incarico rimaneva all'interno della stessa famiglia, passando di padre in
figlio. La famiglia Mendini, in particolare, annoverava molti individui
fra i sacrestani, forse perchè risiedendo nei pressi
della chiesa, avevano la possibilità, quando richiesto, di
intervenire in tempi brevi.
Non conosco la situazione delle altre comunità, ma nel Settecento a Dermulo,
al sacrestano spettava il diritto di avere in locazione i numerosi
terreni della chiesa, per cui, da questo punto di vista, rappresentava un
certo vantaggio.
Nel 1715 in previsione della vendita di un terreno
della chiesa, la comunità di Dermulo si addossò l'onere di
provvedere al compenso del sacrestano. E questo, perchè si disse che
la rendita di quel terreno era utilizzata per l'onorario del
sacrestano. Un'altra
notizia la troviamo in conclusione del documento di
locazione perpetuale che la chiesa fece nel 1716 ai fratelli
Giacomo
e Pietro Antonio Mendini. Nel contratto, infatti, veniva specificato
che nell'importo dell'affitto, si era tenuto conto anche del compenso ai due
fratelli che erano "monegi" e che avrebbero dovuto
"suonare
l'Avemaria mattutina, l'Avemaria vespertina, il mezzogiorno e in
caso di temporali." Poco più di cento anni dopo, nel 1820, la
comunità di Dermulo indisse un'asta per assegnare la mansione di
sacrestano. Non ho notizie in merito, ma ritengo che potesse essere
la prima volta o uno delle prime volte che veniva utilizzata un'asta
per scegliere il sacrestano. In precedenza, a quanto sembra,
l'incarico era assegnato nominalmente sulla fiducia.
Da quanto si evince dai bilanci annuali della chiesa, negli anni dal
1811 al 1818, il salario del sacrestano era quantificato in 14
Fiorini annui.
Nel capitolato del 1820, dove l'incarico sarebbe stato assegnato a
chi si proponeva per il prezzo più basso, venivano elencati
puntualmente i compiti che dovevano essere svolti dall'aggiudicatario.
1. Il sacrestano sarà obbligato a suonare l'avemaria mattina e
sera, il mezzodì, il giovedì la sera e il venerdì e a tutte le cose
che richiedono si suonare le campane.
2. deve servire il reverendissimo signor parroco tutte le volte che viene
a dire la messa e altre funzioni, deve servire il signor primissario
e non potrà accendere le candele per dar principio alla messa, nei
giorni di festa e anche negli altri giorni, se non vi è la maggior
parte della gente in chiesa.
3. deve presentare un'idonea sicurtà riconosciuta anche dal sig. parroco
per garantire l'inventario che gli verrà consegnato.
4. non può essere rilasciato l'ufficio di sacrestano se non è di
gradimento al sig. parroco e ai vicini.
5. sarà compito del sacrestano di andare a prendere le candele dove sarà
spedito dal sig. parroco e portar e riportar tutti gli altri mobili
che devono essere condotti senza nessuna mercede. Contraffacendo ai
soprascritti capitoli la deputazione comunale potrà passare a un
nuovo incanto in ogni stagione.
6. spetta al sacrestano l'incerti cioè mortori, uffici e simili come per
il passato.
7. saranno a carico del sacrestano tutte le spese di scritturazione.
8. dovrà tutte le terze domeniche dar un segno dopo la messa.
Osservando i vari punti del capitolato, al punto 2, emerge l'aspetto
del risparmio sull'uso delle candele che dovevano essere accese al
momento giusto e non prima. Al punto
4, si affermava che l'ultima parola sulla persona
aspirante a sacrestano, spettava comunque al parroco di Taio e
ai vicini di Dermulo, indipendentemente, quindi, dalla sua offerta. Al
punto 6, si dice, che al sacrestano spettavano gli incerti, ossia
quei compensi non quantificabili e imprevisti dovuti principalmente
a funerali o ad altre funzioni. Il punto 8 infine, forse perchè
dimenticato nel punto 1, aggiunge un altro momento in cui si
dovevano suonare le campane, ovvero tutte le terze domeniche (del
mese) dopo la messa.
Quanto elencato come mansionario nel documento del 1820, lo possiamo
sicuramente equiparare alla situazione dei secoli precedenti.
Nel 1848 l'incarico di sacrestano fu al centro di
una disputa fra il comune di Dermulo e don Valentino Bergamo,
parroco di Taio che si protrasse anche nel successivo 1849. Il tutto,
cominciò quando per un motivo che ci è rimasto sconosciuto, il
sacrestano Vittore Tamè non risultò più gradito alla comunità o forse,
molto più probabilmente, a
qualche suo rappresentante. Il Tamè era stato eletto in via provvisoria
nel 1847, con l'approvazione dei sindaci della chiesa di Dermulo e
dello stesso don Bergamo. La precarietà dell'incarico era stata
riconosciuta anche dal Giudizio Distrettuale di Cles che si era
detto attendere la nomina di un sacrestano definitivo. I
sindaci
della chiesa, Antonio Inama e suo nipote
Pietro Inama, ma più
particolarmente quest'ultimo, non aveva fatto mistero di sgradire il Tamè
ed aveva fatto pressioni al parroco di Taio,
affinchè si procedesse con una nuova nomina. Ma don Bergamo,
tutt'altro che accondiscendente non ne voleva sapere, e anzi, aveva
sentenziato che sostituire il sacrestano durante il corso dell'anno,
senza aspettare, come consuetudine, la naturale conclusione del
mandato era una cosa inopportuna.
Pietro Inama,
spazientito e risoluto ad allontanare il Tamè, essendo trascorso il
periodo consueto indicato dal parroco e
dopo aver atteso invano una sua iniziativa, il
16 gennaio 1849, propose al padre
Baldassarre Inama, l'allora
Capocomune, di chiamare in adunanza la rappresentanza comunale di
Dermulo e anche gli altri abitanti per procedere con la nomina del
sacrestano. Al comizio era stato invitato anche il parroco, che non
si presentò, come poi dichiarò nella missiva sotto accennata, per
motivi di salute, ma soprattutto perchè, disse, che "era una cosa
disdicevole e contro ogni uso che il parroco come sindaco primario
obbedisca ad un suo subalterno in affari di ufficio".
Prima della votazione furono ribaditi quali fossero
i compiti del sacrestano:
1. doverà avere diligente cura della chiesa col tenerla pulita,
e preparati gli altari conforme al bisogno delle diverse solennità,
e cura doverà avere delli mobili spettanti a quella tenendoli
custoditi e puliti conforme che lo richiede la loro natura, e
conoscendo qualche mancanza dannosa tanto in questi come nella
chiesa doverà informare sollecitamente i sindaci, affinchè possano
riparare in modo migliore possibile.
2. doverà suonare la campana esistente in tutti quei tempi e modi
come fu sempre praticato, e quando il comune faccia acquisto di
altre sonare anche quelle.
3. doverà servire il sig Primissario di Dermulo in tutte le funzioni
pubbliche spettanti al suo uffizio, e similmente servire il sig
parroco di Taio allorchè si porterà in questa villa per qualche
simile incombenza.
I presenti furono informati sul motivo dell'assemblea, ovvero
mettere a votazione chi fra i due candidati,
Vittore Tamè e
Giovanni
fu Giacomo Inama, precedentemente propostisi per la mansione di
sacrestano, dovesse essere nominato, avendo entrambi offerto lo
stesso importo di 15 Fiorini Abusivi. In totale ci furono solamente
otto voti, non avendo votato i
sindaci, che si erano già espressi in
modo negativo per il Tamè e nemmeno la rappresentanza comunale.
Dalla votazione, uscì vincitore
Giovanni Inama
con sette voti, contro solo uno ricevuto da
Vittore Tamè.
Il Capocomune informava quindi il Giudizio Distrettuale di Cles,
dell'esito della votazione, pregando ufficialmente che il Tamè fosse
destituito dall'incarico e fosse obbligato a restituire le chiavi
della chiesa. Il 25 gennaio il Giudizio rispose che nulla sarebbe
ostato e che se entro otto giorni non fosse pervenuta qualche
rimostranza da parte del parroco, sarebbe stata senz'altro approvata
la nomina di
Giovanni Inama.
Il parere del parroco, però, non si fece attendere e con una dura lettera
datata 25 febbraio 1849, esprimeva la sua posizione contraria riguardo la nomina
dell'Inama e, in generale, alle modalità con le quali si era arrivati
a tale nomina. Il parroco cercò di screditare l'elezione, relegandola
ad un affare di famiglia, perchè come da lui affermato, il
Capocomune (Baldassarre Inama) era il padre di uno dei
sindaci (Pietro Inama) che a sua volta era nipote dell'altro sindaco (Antonio Inama). Addirittura
disse che il Capocomune non era nemmeno presente alla votazione, ma
si era presentato dopo, a giochi fatti, solo per firmare il
documento. Il parroco ricordava che il Tamè era stato proposto come
sacrestano dallo stesso capocomune
Baldassarre Inama, e per quanto
da lui conosciuto, era una persona onesta e proba.
Don Bergamo terminò la lettera pretendendo che Vittore Tamè fosse riammesso alla
sua mansione, "per non essere malmenato e villipeso il suo
ufficio da due dei suoi subalterni quali sono appunto i sindaci di
Dermulo".
Trascorsero ancora diversi mesi senza arrivare a qualcosa di
concreto. Il 25 settembre 1849, è ancora il
Capocomune a scrivere al Giudizio di Cles per
sollecitare una risposta che si disse, non era ancora arrivata
nonostante l'invio della prima "supplica" nel 1848 e altri vari
documenti, in seguito alle richieste della stessa autorità di Cles,
spediti durante il 1849. La lettera, si concludeva con l'avvertimento
che la comunità, avrebbe intrapreso altre vie per eleggere un
sacrestano, se non fosse pervenuta una risposta entro il giorno di
San Michele, ovvero il 29 settembre. La risposta da Cles, arrivò la
vigilia del giorno di San Michele, ma con l'ordine di conservare il
sacrestano già in carica, in attesa di chiarimenti.
Da questo momento in poi la corrispondenza si interruppe, non
conosciamo l'esito della diatriba ma, forse nel successivo anno
1850, Giovanni Inama sostituì il Tamè.
Il sottoriportato elenco dei sacrestani, raccoglie solamente i
nominativi emersi in modo casuale, durante la consultazione dei vari
documenti.
ELENCO DEI SACRESTANI
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28 ottobre 1820. Documento di capitolato e asta per l'incarico
del sacrestano (Arch. sorelle Inama) |