LA CHIESA DEI SS. FILIPPO E GIACOMO

Le prime testimonianze dell'esistenza di una chiesa a Dermulo risalgono al 1275, dove fra l'elenco dei beni di appartenenza vescovile presenti nel circondario di Dermulo, appare alla riga n. 58 il toponimo "sub Ecclesia", ovvero "sotto la chiesa". Un'altra testimonianza, un po' più precisa, ma anche in questo caso come toponimo, appare un secolo dopo, in un documento di locazione del 1380, dove si cita un terreno a San Giacomo, localizzato quindi nelle vicinanze della chiesa.[1] Facendo ancora un salto in avanti di cento anni, arriviamo alla Carta di Regola della comunità di Dermulo, redatta nell'anno 1471, dove al punto 16, si specificava che le multe comminate a chi asportava legna dal bosco comunale erano devolute alla chiesa di San Giacomo. Nel 1482 finalmente in un documento appare per la prima volta il nome di un amministratore dei beni della chiesa di San Giacomo, tale Vincenzo fu Michele Zattoni di Tres abitante a Dermulo, che in quell'anno locava un terreno della chiesa ad Antonio Inama.
In Trentino, oltre alla nostra, esistono in tutto altre otto chiese dedicate ai Santi apostoli Filippo e Giacomo, e la dedicazione ai due santi è un indice di vetustà. Spesso nei documenti più antichi la chiesa di Dermulo è ricordata solamente con il nome di San Giacomo. Oltre che da quanto sopra riferito, è possibile confermare che la chiesetta esistesse già alla fine del Duecento, osservando l'architettura ed alcuni affreschi. Con il metodo del Carbonio-14 è stato possibile inoltre datare una trave all'anno 1050.
Dall'arco a tutto sesto e dell'abside semicircolare è possibile affermare che fosse stata una chiesa romanica; la copertura era costituita da un tetto a capanna con travi a vista. Riguardo agli affreschi, quello che si trova sull'arco santo vicino alla porta della sacristia è del XIII secolo, dello stesso periodo quello della Deposizione in fondo alla navata a destra. Del 1350-1360 è invece la Crocifissione sul pilastro dell'arco santo. Risale agli inizi del 1400 la raffigurazione della costruzione di una torre da parte di alcuni muratori in fondo alla navata, sulla destra di chi entra. La visita pastorale del 1616 prescrisse che alcuni affreschi venissero coperti, perchè poco religiosi, forse si trattava di questi appena nominati.
Prima del 1627 la volta della chiesa crollò e ci fu la necessità di ricostruirla. Il fatto è ricordato internamente nel cartiglio sopra la porta d'ingresso "ECCLESIAM HANC DIVIS APOSTOLIS PHILIPPO ET JACOBO DICATAM VETUSTATE COLLAPSAM DENUO IN HANC FORMAM RESTITUIT COMUNITAS HERMULI RECTORE PAROCCHIALIS ECCLESIAM S. VICTORIS THAI IO: PETRO DE ALBERTIS ANNO 1627". Ovvero "Mentre Giovanni Pietro Alberti era pievano della chiesa parrocchiale di San Vittore di Taio, la comunità di Dermulo, nel 1627, ripristinò in questa forma per la seconda volta questa chiesa dedicata ai SS. Filippo e Giacomo, che era crollata per la sua antichità". La ricostruzione fu fatta in stile "gotico" che per quel tempo risultava superato. Don Fortunato Turrini, circa il termine latino denuo apparente nella scritta, che significa "la seconda volta", ritiene che la chiesetta sia stata riedificata due volte dopo la sua fondazione. Quindi la chiesa primitiva in stile romanico potrebbe essere stata sostituita da un edificio gotico durante il 1400-1500, e quindi rifatta nel 1627.
Dello stesso periodo della ricostruzione era probabilmente la pala dell'altar maggiore che nel 1649 risultava ancora da indorare. Nel 1679 fu terminata la costruzione dell'altare di sinistra della chiesa, dedicato a San Bartolomeo che fu dorato e colorato nel 1684 dal pittore Giovanni Battista Bezzi di Cusiano.
Nel 1693 l'intagliatore Pietro Strobl di Cles ricevette l'incarico per costruire l'altare a destra (in epistola) dedicato a Gesù, San Giuseppe, Santa Maria e San Valentino per un importo di 130 Ragnesi.
Don Simone Weber in “Le chiese della Val di Non nella storia e nell’arte” riporta la seguente descrizione della nostra chiesa:

Nel 1579 aveva due altari consacrati, uno intitolato a tutti i Santi e l’altro a S. Bartolomeo. Allora possedeva una croce di rame dorato, due calici d’argento due pianete una delle quali figurata, due candelieri di ottone, un gonfalone, una lampada di rame, due ampolline di stagno, due pallii d’altare, un turibolo e due campanelle. Nel 1616 l’altar maggiore porta il titolo dei Santi apostoli Filippo e Giacomo. La visita di quell’anno ordinò di far rimuovere dall’altare certe figure corrose e di imbianchire il coro. Nel 1627 la chiesa venne ricostruita nella forma attuale come si rileva dall’iscrizione: Rectore parocchialis ecclesiam S. Victoris Thai ioan. Petro de Alberti anno 1627 ecclesiam hanc divis apostolis Philippo et Jacobo dicatam vetustate collapsam denuo in hanc formam restituit comunitas Hermuli.[2] Nel 1679 fu eretto un terzo altare in onore di S. Giuseppe e di S. Valentino. Nel 1778 fu elevata a curazia.
La chiesa ha un atrio, formato dal piano inferiore del campanile, costruito sopra il portale di rinascenza. L’interno, partito in due piccole campate, è di stile gotico, con volta a rete, arco a sesto acuto, abside esagonale, con finestra rotonda in mezzo. Ha tre altari di legno intagliati e dorati. Il maggiore è dotato di quattro colonne, coperte di tralci, di puttini alati e di fregi di svariate forme. Sul timpano spicca la statua di S. Michele, ai lati del tabernacolo quelle di S. Giacomo e di S. Giustina e nella specchiatura centrale la pala rappresentante la Madonna e i santi titolari.
Anche gli altari laterali sono ricchi di ornamentazioni scolpite da mani che sapevano abilmente adoperare la sgorbia e lo scalpello. Quello a sinistra fatto nel 1679 e dorato nel 1685 ha in cima il Padre eterno e gli angeli, ai lati delle colonne S. Antonio e S. Vittore, nel mezzo una devota Immacolata di Giuseppe Obletter. Quello a destra policromato ha nel campo del secondo ordine la colomba, ai lati delle colonne due statue di santi e nel mezzo la pala rappresentante la Madonna e S. Bartolameo.
Prima dell’ultimo restauro nella chiesa si notavano tracce di antichi affreschi. Nel 1935 a spese della Sopraintendenza delle Belle Arti fu ricomposta e restaurata la tavola gotica quattrocentesca attribuita al maestro del tritico di S. Anna di Sopramonte, raffigurante la Madonna tra S. Giustina e S. Cipriano, conservata nella sacrestia e proveniente dalla demolita chiesetta di S. Giustina. Il restauro fu eseguito dal pittore Arturo Raffaldini di Mantova. La chiesa è fra le monumentali.
Nel 1847 l'incendio originatosi dalla vicina
casa n. 20-21, danneggiò gravemente anche la chiesa e il campanile che ebbero il tetto distrutto e danni importanti alle campane.

Nel 1994, durante lo scavo per la posa delle fognature, in prossimità del lavatoio fu possibile osservare, a circa 30 centimetri dal livello dell’asfalto, uno strato nero con vari frammenti di tegole e mattoni. Il materiale proveniva sicuramente dalle case e dalla chiesa interessate al predetto incendio.
Altre notizie sulla chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, sono riportate sul libro di don Fortunato Turrini "Le chiese di Dermulo" e sulla pagina dedicata del sito web di Piero Comai.
Nel 1995 si è proceduto al restauro della chiesa. Qui la relazione tecnica, gentilmente messami a disposizione dal restauratore Carlo Emer.


[1] Si trattava del terreno a nord del Pissaracel, denominato più tardi Clesura e parte della futura p.f. 190.

[2] La data di rifacimento riportata dal Weber era 1677, ma nel recente restauro si sono scoperte ben tre iscrizioni sovrapposte la più vecchia delle quali recava la data 1627.