IL CAPITELLO DEDICATO ALLA MADONNA
Al
punto quattro delle disposizioni impartite dai funzionari vescovili,
a seguito della visita effettuata a Dermulo nel 1649, si
legge, “Che il Capitello contiguo alla strada imperiale venghi
rinnovato, ò totalmente distruto”. E' questa la prima citazione
ufficiale del capitello, sia come costruzione che come toponimo. Non
c'è alcun dubbio che si stesse parlando dell'attuale capitello, in
quanto era l'unico in muratura sul territorio di Dermulo e in questo
contesto, pure ben localizzato, essendo come si disse, "attiguo alla
strada imperiale".
Detta strada infatti, dopo aver oltrepassato la
futura casa n. 22, lambiva il capitello da sud. Nel 1743 esisteva un
altro luogo, precisamente un bosco, detto "al Capitel", ma in questo
caso il toponimo faceva riferimento ad un crocefisso incorniciato di
legno, ivi eretto da tempi molto antichi e già documentato nel 1380,
che aveva dato il nome all'ampia zona denominata Cros.
Quindi ritengo che il capitello votivo dedicato alla Madonna, fosse
stato costruito a spese di tutti i vicini di Dermulo e non a caso,
fosse stato scelto il luogo più rappresentativo, ovvero dove nelle
adunanze di regola, venivano prese le decisioni comunitarie. Per
quanto riguardo l'anno di costruzione in mancanza di riferimenti
possiamo solo esporre delle ipotesi. Assodato che la costruzione
derivi da un ex voto a seguito di una calamità, possiamo affermare
con una discreta sicurezza che la sciagura più frequente in passato
sia da riconoscersi nella peste. Il morbo imperversò svariate volte
anche nelle nostre zone, tra il 1632 e 1634 colpì tutto il Trentino
e anche a Dermulo ci furono dei morti. Ritengo però poco probabile
che il capitello sia stato eretto in tale occasione, in quanto nello
spazio di circa vent’anni, (tale era il periodo intercorso fra la
fine della pestilenza e la rilevazione della visita vescovile del
1649) non poteva essere ridotto in condizioni così disastrose. Per
cui possiamo ragionevolmente supporre che la costruzione sia
avvenuta anteriormente al 1600. Un'altra forte pestilenza flagellò
il Trentino nel
1575, della quale abbiamo testimonianza diretta in un documento del
notaio Antonio Cristani di Rallo. Lo scritto datato 31 ottobre 1578
tratta di una vendita che la comunità di Taio si accingeva a fare al
nobile
Giorgio Crivelli, ivi abitante. Nella premessa si evidenzia, come la comunità, nel
1575 magnopere fuit oppressa morbo contagioso,
che provocò numerosi morti e un indebitamento della stessa, per cui
considerando anche il momento carestioso, si decise la
vendita di alcuni beni.
Negli
anni Novanta del Duemila il capitello è stato ristrutturato a causa
delle
sue cattive condizioni. In quell'occasione fu ricostruito il tetto di legno che
era fatiscente e venne rifatto l’intonaco che si era scrostato in vari
punti. Nelle parti lasciate scoperte dalla caduta dell'intonaco, si potevano osservare
almeno tre stratificazioni dovute ad interventi
eseguiti in precedenza. Lo strato più profondo lasciava trasparire
dei lacerti di affresco, per cui è possibile che tutte le pareti
fossero affrescate. Successivamente gli affreschi vennero nascosti
con una tinta azzurra ed infine
ricoperti con uno strato di calce.[3] [1] Una pestilenza nella prima metà del Quattrocento sterminò gran parte degli abitanti di Fondo. Le famiglie superstiti in numero di 7 si recarono in pellegrinaggio al santuario di Santiago di Compostela in Spagna. A ricordo di tale viaggio si dipinsero degli affreschi sulle case di chi vi aveva partecipato. (Alberto Folgheraiter “I dannati della peste” pag. 164) [2] Nel 1630 nel tentativo di fermare la peste in pubblica regola i vicini di Pinzolo e Baldino promisero di costruire una chiesa. La chiesa non fu costruita ed il voto fu convertito ad un meno dispensioso restauro di un altare della chiesa parrocchiale. (Alberto Folgheraiter “I dannati della peste” pag. 136) [3] Del nostro capitello accenna brevemente Adolfo Menapace nel libro “Capitelli in Val di Non”, dove a pag. 52, si afferma erroneamente che sia di costruzione ottocentesca.
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