INTRODUZIONE

 

INDICE CASE

 

 

LA STRUTTURA DELLE VECCHIE CASE L'ABITATO DI DERMULO GLI ARCHI LA NUMERAZIONE DELLE CASE LE ORIGINI DELL'ABITATO

 

 

LA STRUTTURA DELLE VECCHIE CASE

 

Le abitazioni dei nostri progenitori erano naturalmente molto diverse dalle attuali. Fino all’inizio del XIX secolo, il legno costituiva una componente importante per quasi tutte le case, specialmente nelle loro parti più alte. La soffitta con altane e straduli era di legno e pure il tetto era coperto di scandole di legno di larice trattenute da pesanti sassi. Solo le parti inferiori erano in muratura. Di questa caratteristica si trova ampio riscontro nei documenti, con la classica formula per la descrizione generale di una casa e cioè: domus muris murata, et legnaminibus constructa et scandulis coperta...... ossia: casa costruita di muri e legname e coperta da scandole. Le case generalmente non erano molto alte, al piano terra c'era la cosiddetta cort, che poteva essere circondata da muri, poi il portico (pòrtec) che si presentava come un piccolo andito coperto ed aperto solo sul davanti che aveva lo scopo anche di introdurre ai locali a piano terra e alle scale per accedere al somasso. Ai lati dell'entrata potevano esserci dei piccoli pilastrini, posti allo scopo che i mozzi delle ruote dei carri durante la sterzata non danneggiassero gli spigoli del muro. Sempre al piano terra erano presenti vari avvolti, (vouti, revolti o revoltelli) fra i quali non mancava la stalla e la cantina. Nella maggior parte delle case c'era anche una rampa in terra battuta chiamata pònt, dal quale si raggiungeva il portone d'entrata che, solitamente, era a forma di arco e che immetteva sul somasso. Tramite le porte presenti nel somasso si accedeva alle abitazioni e per mezzo di una scala di legno si poteva raggiungere il piano superiore. Il locale più importante della casa era la stua (detta anche stufa), cioè la camera riscaldata dal fornello a olle. Poi c'era la cucina che di solito era tutta annerita dalla fuliggine perchè mancava il camino e qualche camera. Il locale bagno naturalmente non esisteva, la gente si arrangiava nella stalla o col vaso da notte. L'acqua si approvvigionava dalle fontane pubbliche. Verso la fine dell'Ottocento comparvero i cosiddetti cessi a caduta, che, con la loro caratteristica conformazione a parallelepipedo appiccicato alle pareti, hanno abbruttito esteticamente molte case. Nelle case più povere le finestre erano piccole e la luce del sole faceva fatica ad entrare. Il somasso poteva essere in comune con altre famiglie e in questo caso non era infrequenti le liti per il suo utilizzo. Dagli archivi sono emersi anche molti scritti di accomodamento fra utilizzatori del comune somasso. Sul somasso erano svolte le molteplici attività richieste dall'economia agricola: venivano scaricati i carri di fieno che poi veniva tagliato e sminuzzato, si procedeva alla battitura del grano, alla sfogliatura del granoturco, ecc. Dal somasso tramite una scala si raggiungeva l'ara, struttura di legno che conteneva il fieno. Il fieno poi, all'occorrenza, veniva fatto scendere sul somasso tramite una botola chiamata bocer. Negli anni passati succedeva anche che le persone avessero proprietà di qualche locale in case anche distanti dalla propria, come pure utilizzassero dei passaggi pedonali attraverso proprietà private, situazioni che ai giorni nostri sarebbero stravaganti.

 

 

L'ABITATO DI DERMULO

 

L’abitato di Dermulo era sicuramente composto da poche case. Da quanto esposto in un documento del 1275, si può fare l'ipotesi che Dermulo fosse formato da quattro agglomerati, ossia dei masi, intervallati da ampi spazi, che via via col trascorrere degli anni si sarebbero poi colmati con nuove costruzioni. Abbastanza curiosa è la denominazione delle due parti del paese a nord e a sud del rio Pissaracel: rispettivamente Borgo e Città, riscontrabili almeno dal 1876 ma probabilmente più antiche, anche se mai apparse in documenti precedenti. La spiegazione può essere che qualcuno avesse iniziato a distinguere le due frazioni in base al numero di case, che erano molte di più a sud, ed ecco quindi la Città, e poche a nord, quindi il Borgo.

Non fu possibile costruire la chiesa in posizione centrale ed allora, per una questione di morfologia del terreno, o forse per sostituire un precedente luogo di culto pagano, fu scelto il sito a nord del Pissaracel, lungo la Strada Romana. Con il toponimo sub ecclesia, apparso nel già citato documento del 1275, ci viene data l'importante conferma, dell'esistenza di un edificio sacro fin da quell'anno.

Il nucleo abitato più antico è da individuarsi nelle case sopra e sotto la Crosara (più tardi i numeri 1, 2-3 e 4 e il 26-27) e ai Marini (più tardi n. 7-8). Molto antiche sono sicuramente anche le case n. 22 prima abitazione dei Mendini e la 20-21 proprietà di Castel Valer e locata agli stessi Mendini fin dal Trecento; come pure il caseggiato numerato dal 16 al 19, la casa dei Cordini e anche la cosiddetta casa al Castelét. A parte quest’ultima, tutte le case si trovavano lungo l’antica Strada Romana che provenendo da Taio, poi proseguiva per Sanzeno. Riguardo alla strada c'è da rilevare comunque che nel Medioevo, la strada principale, detta anche Via Imperiale, dopo la Crosara, per chi giungeva da Taio, passava a monte della località ai Orti, e non a valle. Essa lambiva quindi tutte le case della Zità, ad eccezione della futura n. 5. Quindi giungeva fino al Castelet e proseguiva poi calcando grosso modo l'odierna strada per Sanzeno, ramificandosi per raggiungere Ponte Alto. La strada a valle degli Orti, quindi era una via secondaria (via pubblica, via Comune) e così è sempre stata classificata, quando ci si faceva riferimento.

Sicuramente molte case erano nate come entità singole, alle quali poi si erano aggiunte nuove unità, sfruttando un lato di quelle già esistenti. Ciò è accaduto per l'aumento demografico che comportava la conseguente richiesta di nuovi spazi, da parte dei componenti famigliari. Naturalmente poteva succedere anche il contrario, ovvero che le persone lasciassero la propria abitazione, o la alienassero causa del loro trasferimento fuori paese, oppure morissero senza discendenti. Per tale motivo quindi, queste case, o loro porzioni, venivano occupate da persone estranee al primitivo nucleo famigliare. In paese abbiamo molti esempi di questi caseggiati: la casa numero 1, 2-34, la 26-27, la n. 7-8, la 9-10-11-12, la 20-21, la 16 17 18 19, e la 5-6.

Molte case sono citate nei documenti dei notai del XVII e XVIII secolo per motivi di compravendite, divisioni o permute e sono individuate col nome del proprietario o del luogo dove esse sorgevano. Negli scritti di questo periodo non ho mai trovato accenno a nuove costruzioni; il numero delle case deve quindi essere rimasto invariato per qualche secolo e forse si provvide solo a qualche rifacimento di tetti di scandole o a limitati ampliamenti. Il vero boom di nuove fabbriche iniziò solo alla fine dell’800. Un'eccezione a quanto sopra detto è la notizia della costruzione di una nuova casa avvenuta intorno al 1374, ad opera del mastro Michele muratore di Tavon. Tale casa fu commissionata da Coo fu Saporito di Dermulo per il quale provvedeva a fare il pagamento a saldo la vedova Anna. Un'altra casa che possiamo dire non esistesse da tempi remoti è la futura casa n. 25, appellata "casa nova dei Cordini" già alla metà del Cinquecento, e quindi presumibilmente costruita nei primi anni del XVI secolo.

Nei documenti cinquecenteschi si riscontra qualche riferimento a case esistenti a Dermulo, la cui individuazione risulta un po' oggi difficile. Ne è un esempio la casa venduta da Gregorio fu Vigilio Inama a Giovanni Mendini nella prima metà del Cinquecento che potrebbe essere riconosciuta nella futura casa n. 5-6.

Del 1660 è il documento della vendita di un terreno effettuata da Giovanni Battista Inama, nella località detta la casa ossia murozia del Mafuòla, pure questa di dubbia collocazione, anche se sono propenso a credere si trattasse della zona dove sorgono le case n. 13-14 e 15, e la casa del Mafuola, forse era proprio quest'ultima. Questa "quasi certezza", deriva dal fatto che Giovanni Battista, risiedeva nella casa n. 13-14 ed infatti confinava col terreno venduto.

 

 

GLI ARCHI

 

In paese, oltre ai casi sopracitati, ci furono altri archi in pietra (oggi purtroppo non più esistenti) che raccordavano due case, uno dei quali univa la casa 27 con la casa n. 32 e permetteva l'accesso alla cort. Un altro si trovava sulla stesa linea di quello appena nominato, a valle della strada comunale ed era posto all'estremità nord del muro e dava accesso al broilo pertinente la casa n. 26. Di entrambi ci è giunta la testimonianza in un vecchio disegno redatto nei primi anni del Novecento da Karl Sternegg. Un altro arco esisteva fra le case n. 3  e n. 5 in direzione parallela all'androna e permetteva l'accesso alla cort proprietà delle famiglie Inama e Pret. Più tardi per un motivo sconosciuto una parte di questa cort, divenne proprietà pubblica. Un bell'esempio di cort racchiusa da muri con i relativo arco gotico d'entrata di pertinenza delle case n. 7-8, si può vedere all'imbocco ovest dell'androna. Altri due archi in pietra esistevano per entrare dalla Strada Romana nelle corti della casa n. 3 e 4. Oggi il primo è stato ammodernato, il secondo sostituito con un architrave di cemento. La stessa cosa è stata fatta per la cort della casa n. 22, dove un arco in pietra, che comunque come si può intravedere in una vecchia foto era di fattura poco pregiata è stato sostituito da una semplice architrave. Un altro arco, oggi non più esistente, si poteva notare fino ai primi anni Cinquanta del Novecento all'entrata nord della casa n. 7-8.

 

 

 

LA NUMERAZIONE DELLE CASE

 

La prima numerazione delle case risale all’epoca napoleonica e si concretizzò con l'apposizione sulle costruzioni di numeri romani progressivi. Non disponendo dell'elenco ufficiale, che sicuramente fu redatto al momento della numerazione ma che fino'ora non sono riuscito a trovare, ho dovuto attingere a fonti indirette, ancorché non del tutto affidabili (per quanto riguardava i numeri di casa), quali erano le registrazioni parrocchiali. Negli atti di morte relative a quegli anni, infatti,  veniva spesso indicato il numero di casa del soggetto o dei suoi famigliari. Nella lettura di svariati documenti dell'epoca napoleonica, solo in due evenienze ho trovato un accenno a case contraddistinte da un numero: la casa più tardi 17-18, che nel 1813 era numerata con il XIII, e la casa 23 che nello stesso anno recava il XVII.

Si può osservare che gli incaricati alla numerazione avevano assegnato l'1 alla prima casa che si incontrava sulla destra provenendo da Taio, e il 20, all'ultima casa a destra, percorrendo la strada stessa a ritroso. [1]

Nel 1830 la numerazione fu rifatta e i numeri salirono da 20 a 27. Nel 1838 vennero scambiati alcuni numeri (il n. 21 è scambiato con il 22 e l’11 con il 12) e nel 1880 sarà effettuato un aggiornamento che rimarrà in vigore, con l’aggiunta delle nuove case man mano costruite, fino al 1991.[2]

Le case nelle pagine successive saranno descritte in ordine progressivo, tenendo conto per comodità della vecchia numerazione rimasta in vigore fino al 1991. A fianco del numero vengono riportate le antiche denominazioni, e sotto, i riferimenti attuali. Nelle descrizioni per praticità ho spesso individuato le case facendo riferimento alla numerazione, anche prima che la stessa fosse stata effettivamente utilizzata.

Come punto di partenza ho utilizzato il catasto del 1780[3] ma dove possibile si riporteranno anche notizie storiche anteriori. Sono state inoltre elencate le persone che occupavano effettivamente le case negli anni 1710, 1780, 1830, 1880, 1921 e per qualcuna anche il 1620.[4] 

 

 

[1] Le case intese come entità singole erano meno di venti, quindi a una singola costruzione potevano essere assegnati più numeri in relazione alle unità abitative.

[2] Nel dopoguerra sono state create due nuove strade: Via Borgo, comprendente la parte a nord del rio Pissaracel cioè il Borgo, e Via Guglielmo Marconi, cioè tutta la zona a sud del rio ossia la Zità senza però modificare la numerazione.

[3]  L’anno di compilazione generale del Catasto teresiano è indicato al 1790, ma specificatamente per Dermulo è da ritenersi intorno al 1780. Ciò è comprovato da alcune osservazioni sui nomi dei proprietari in esso contenuti: gli eredi di Giacomo Emer (+1777) possedevano una porzione di casa che veniva però venduta nel 1787 a Domenico Massenza. Quindi se il Catasto rispecchiasse esattamente la situazione del 1790 gli eredi Emer non comparirebbero. Ma la persona determinante per la giusta datazione è Francesco Mendini che essendo morto nel 1781, ci permette di collocare la stesura del Catasto tra il 1780 e il  1781.

[4]  Il nominativo sottolineato corrisponde al capofamiglia. Le seguenti abbreviazioni indicano i rapporti di parentela con il nome sottolineato: m sta per moglie, f. per figlio/a, fr per fratello, S per sorella, v per vedovo/a, p per padre, M per madre, s per suocero/a, n per nipote, z per zio, N per nuora e c per cognato/a. Per il 1780, i nomi dei proprietari provengono dal Catasto teresiano  presso l’A.S.T. Per il 1921 si è preso in considerazione il censimento di tale anno presso l’A.C.D, .  Inoltre, e solo per questo anno, sono state evidenziate le persone assenti con la lettera a. Per gli anni rimanenti i nomi dei capifamiglia e/o il numero degli occupanti la casa, sono stati desunti da vari documenti consultati presso A.C.D, A.P.T. e A.D.T.

 

 

 

Case  Mappa delle case Le case più antiche  Le case dopo il 1880