I CIMITERI DI DERMULO

Il vecchio cimitero di Dermulo, come nella maggior parte degli altri villaggi, si estendeva tutt’intorno alla chiesa. Esso era delimitato da grossi muri che a nord lo separavano dal cortile della casa n. 22, a ovest dal piccolo prato proprietà della chiesa e a sud il medesimo prato degradante verso il Pissaracel. Sul lato est verso la strada pubblica, era chiuso da due cancelli di ferro, come era stato prescritto durante la visita vescovile del 1579. Questi ultimi, non so in quale epoca, ma sicuramente dopo il 1825, furono nuovamente levati.
La prima menzione importante del cimitero della chiesa di San Giacomo la troviamo nel 1616, quando i visitatori vescovili trovarono il luogo molto in disordine e cosparso di ossa dei defunti. Per tale motivo fu ordinato che le ossa fossero raccolte e interrate, e che inoltre, fosse predisposto un ossario per riporre quelle che fossero affiorate durante le future tumulazioni dei defunti.


Nel 1695, da quanto si evince dalle prescrizioni impartite a seguito della visita vescovile, la struttura cimiteriale era abbastanza trascurata, per cui veniva imposto
di “rimettere le laste sopra il muro del cimitero dove queste mancano, e di impiombare sulle pietre le crate di ferro del cimitero nell’ingresso di quello.”
Altre notizie relative al cimitero si ricavano dall'urbario della chiesa di Dermulo dove nel 1773 si dice che furono rifatte le rèze, ossia i cancelli del cimitero ad opera del fabbro Pietro Bertoluzza di Sanzeno. Il prezzo di Troni 69, fu definito "esorbitante" dagli amministratori. Nel 1786 le mura del cimitero furono "smaltate" con calcina e dove mancanti ricoperte da pietre.
Già nei primi anni dell’Ottocento, al tempo dell’occupazione napoleonica, le autorità avevano ordinato di abbandonare i cimiteri intorno alle chiese e di costruirne di nuovi in luoghi più lontani, ma la direttiva, almeno a Dermulo, non venne applicata. Nella visita pastorale del 1838 si accenna al bisogno di trasportare il cimitero in altro luogo, per rendere - si disse - la sacristia più salubre. Ci si riferiva alla presenza di umidità dovuta principalmente alla grande quantità di terra addossata alla parete nord della sacristia stessa. Infatti nelle prescrizioni di quell'anno, relative al cimitero si disse "
per levare l'umidità dalla sacrestia della chiesa si dovrà abbassare il livello del terreno del cimitero, però prima bisogna asportare le ossa e separarle e portare la terra in altro luogo". Non sappiamo se le prescrizioni furono assolte, ma in ogni caso nel 1865 si ritrova la concessione delle autorità per abbassare di un piede il livello del cimitero.
Nel 1880 nel cimitero trovarono posto le ossa delle sedici persone morte di colera nel 1855, che all'epoca erano state tumulate in un terreno a Somager.
Nel 1898 le mura perimetrali del cimitero si ritrovavano in cattivo stato, tanto che la rappresentanza comunale adottò un'apposita delibera per il loro restauro.
La popolazione di Dermulo, in quel periodo andava crescendo velocemente, e ben presto il solito luogo di sepoltura si rilevò inadeguato, tanto che dall’I.R. Capitanato Distrettuale di Cles arrivavano continue esortazioni al comune, affinchè approntasse un nuovo cimitero. Finalmente nel 1908 si decideva di procedere con una nuova costruzione, ma prima, doveva essere risolto il problema più difficile, ovvero l'ubicazione. Inizialmente la rappresentanza comunale aveva individuato un terreno adatto all'uopo, nella zona delle Fasse e precisamente nell’arativo di Augusto Panizza, ma poi, visto l'elevato prezzo preteso dal proprietario, si presero in considerazione altri siti. Le attenzioni si spostarono quindi sui terreni di Maria Inama a Lamport, di Andrea Eccher al Plantadiz e di Augusta Inama alle Marzole, ma fra questi non ne uscì il luogo adatto. Il motivo non è dato a sapere, ma molto probabilmente i proprietari non erano disposti a cedere il loro terreno.
Intanto nel 1909 si era formato il comitato per la costruzione del cimitero e la scelta per il luogo si era indirizzata su due siti, il già considerato campo del Panizza, che però risultava sassoso e in pendenza e per il quale il proprietario aveva richiesto una Corona per metro quadrato; l'altro invece era localizzato al Loc, era pianeggiante e il proprietario, Alessandro Emer, aveva richiesto un prezzo di una Corona e mezza per metro quadrato. In seguito il terreno al Loc non venne più considerato ed invece venne proposto un terreno a Sas. Quindi per scegliere quale, fra il terreno alle Fasse e quello a Sas, fosse stato il preferito, fu indetta una votazione fra i capifamiglia, dalla quale risultò che la zona alla Fasse aveva ricevuto 26 preferenze, contro le sole 7 di Sas. Nel 1910 il comune incaricava Celeste Inama e Ferdinando Inama di procedere all'acquisto del terreno del Panizza, per il quale si trovò l'accordo solo l'anno successivo. Nel 1911 infatti, Augusto Panizza si rese disponibile a vendere il suo terreno alle Fasse, costituito dell p.f. 229, 230, 231, 232, e 270, per l’ importo di 3000 Corone. Quando però la pratica fu inviata ad Innsbruck, con la richiesta di poter procedere, il permesso fu negato, perché la spesa fu ritenuta eccessiva.
 Effettivamente l'importo era abbastanza elevato e forse eccessivo, se rapportato alla superficie necessaria per accogliere un cimitero commisurato al numero degli abitanti di Dermulo. Credo però che il Panizza non avrebbe accettato di vendere solo una parte del terreno, per cui l'importo era diventato importante.
Il divieto di Innsbruck di fatto stoppò il progetto e tutto fu accantonato, anche perchè nel frattempo era scoppiata la Prima Guerra mondiale.   

 

Terminata la guerra, si dovrà aspettare fino al 1921 perchè venisse affrontata nuovamente la questione del cimitero. Questa volta però, venne presa in considerazione una soluzione alternativa ad una nuova costruzione. Ciò si rese possibile per la disponibilità di Rosa Inama figlia del fu Giacomo, che si disse pronta a cedere il suo broiletto, posto a ovest e a sud della chiesa, dando così la possibilità di ampliare il vecchio cimitero. Rosa si sarebbe accontentata di ricevere in cambio un altro pezzetto di terreno che il Comune aveva prontamente individuato al Grezot. L'intenzione però, ancora una volta non fu seguita dai fatti, ma di li a poco le cose sarebbero cambiate ed infatti, il 6 gennaio 1922 Rosa Inama morì.[2] Nel suo testamento a sorpresa, non so se spontaneamente oppure su suggerimento di qualcuno, il comune di Dermulo, appariva tra i beneficiati. L'oggetto del lascito fu un terreno arativo alle Marzole, contraddistinto dalla p.f. 263/2 che la benefattrice aveva destinato al comune di Dermulo, con l'obbligo di costruire il nuovo cimitero.  [1]

Nello stesso anno 1922 si iniziano i lavori per la costruzione del nuovo cimitero, ed essendo il suolo occupato da diverse piante di gelso, il Comune decise di donare tutta la legna ricavata in seguito all'eradicazione delle piante agli eredi di Rosa Inama.
Agli inizi del 1923 il cimitero è ultimato e si fanno i preparativi per la benedizione.
Si riporta qui sotto la trascrizione del documento datato 24 gennaio 1923 e firmato dal decano don Nicolò Rosa e dal sindaco
Celeste Inama.[3]

 

Memoria

Inama Rosa da Dermullo figlia del fu Giacomo e Barbara nata Mendini considerata l’assoluta insufficienza dell’attuale cimitero faceva dono (in morte l’ 26 gennaio 1922) di un suo campo fra lo stradone Cles-Sanzeno, affinchè venisse adattato per nuovo cimitero. Il lodevole Comune di Dermullo, grato del dono, procurò di ottemperare alle leggi ecclesiastiche e civili sui cimiteri e preparò il nuovo cimitero.
Il giorno 24 gennaio 1923 il m. r. decano di Taio don Nicolò Rosa, quale delegato Vescovile, assistito da m. r. don Carlo Paolazzi beneficiato in Dermullo e del m. r. don Giacomo Dompieri cooperatore di Taio - consacrava solennemente il cimitero. Alla mattina il popolo si astenne da ogni lavoro, intervenne devoto alla S. Messa pei defunti di Dermullo e processionalmente si portò al cimitero dove assistette devoto alla Santa funzione.

 

In fede

Sacerdote Rosa decano

Il Sindaco C.Inama


 

[1] Questo appare negli Atti Visitali di quegli anni.

[2] La rappresentanza comunale considerando Rosa Inama benefattrice, dispose che il giorno del funerale ogni censito doveva accompagnarla al cimitero con una candela accesa.

[3] A.P.T. Busta n. 5.