IL LAVATOIO DEI PRADI

 

 In un documento redatto a Taio il 26 novembre 1876, si esponeva che “il paese di Dermullo da tempo imemorabile esercita senza contradizione il diritto di lavare le biancherie di quegli abitanti nell’allezzo, o conduttore l’acqua che scaturisce nel bosco ora dei fratelli Fuganti fu Antonio, il quale sta fra le proprietà prative dette in Pramartinel pertinenze di Dermullo della S. Giovanna Panizza di Taio, e Filippo Inama di Dermullo.....”. Si dice poi che “un tale diritto non fu esercitato in un punto fisso, nè con lavajolo stabile, ma su sassi mobili”. La lettera poi prosegue dicendo, che era intenzione di fissare un punto fisso per lavare, mediante la costruzione di un apposito lavatoio. Si incaricava quindi il capocomune Andrea Eccher ed il rappresentante Giuseppe Inama, di recarsi dalla signora Giovanna Panizza per prendere accordi su tale progetto. L’intesa fu raggiunta con Filippo Panizza, procuratore legale della moglie Giovanna: “La parte Panizza non controdice al diritto vantato, e convien a prefisare un punto stabile a esercitarlo, che anzi tra esse parti lo stabilirono per convenienza, comodità di entrambi sul condotto o allezzo che divide il prato Inam da quello Panizza, e precisamente a destra o a sinistra dell’attuale strada che conduce a Dermullo. La parte Panizza accorda questo conche il lavatojo, o sua asso non abbia maggior lunghezza di piedi 14 vienesi, che l’allezzo in fronte non sia più largo di due piedi, che nel labro inferiore del condotto vengano fissi nel prato 4 in 5 pali per assicurare il lavandajo, e infine accorda ancora lungo esso lo spazio di terreno da stare ginochiata la lavandaja”.

Filippo Panizza poi detta altre condizioni da rispettare:

a) che con ussare o altro non venga stuata o fermata l’acqua, sulle prime somita [somità] del sito di lavanda, come neppure profondato l’allezzo, che sia di pregiudizio, ma l’acqua dovrà avere tutto il suo libero corso senza interuzione, come sempre l’ebbe, e di quest’acqua la parte Panizza si riserva il diritto sempre praticato senza restrinzioni, di inaffiare tutti i suoi prati in qualunque tempo, ed ora senza il minimo impedimento.

b) che resta severamente proibito il distendere sul prato le cose lavate spezialmente al tempo dell’erba, e così del pari resta vietato il lavare in altro luogo del già fissato per non calpestare le erbe”.

  Il lavatoio dei prati, per la caratteristica della relativa mitezza dell’acqua nella stagione invernale, fu usato per moltissimi anni dalle donne di Dermulo che nonostante la distanza vi si recavano a lavare i loro panni.

Nel 1907 il lavandaio risulta essere in precarie condizioni, tanto che si incarica il muratore Emanuele Eccher di costruirne una nuovo di porlan per l’importo di F. 47,50.

Nel 1923 gli abitanti della frazione Borgo, con una lettera firmata da tutti compreso il primissario Don Carlo Paolazzi, chiedono al comune “che come ha provveduto per la comodità della parte orientale del paese [la Zità], provveda la stessa comodità per la parte occidentale. Questi poi proseguono col dire che “s’accontentano d’ un canalone simile a quello dei prati, il quale specialmente serva per lavare e che intenderebbero di usufruire l’acqua derivante dal rivo”. Danno poi il sugerimento che il lavatoio “dovrebbe essere costruito vicino all’orto canonicale perchè è il posto più dominato dal sole l’inverno”.

Il lavandaio venne progettato nel 1924, ma non sono in grado di dire quando sia stato costruito e se aveva le stesse sembianze di quello che si può vedere oggi.